giovedì 27 gennaio 2011

Uncharted per PSP2



Ecco a voi PSP2 in azione.
Devo ammettere che è "abbastanza" impressionante.

Habemus PSP2

Nome in codice NGP e un look molto simile a quello della prima PSP.

Sotto con le prime informazioni:
- PSP2 ha 2 stick analogici concavi.
- Lo schermo è HD e touch-screen.
- Non supporta gli UMD: i giochi o si scaricano o si fanno partire da una scheda di memoria espandibile (delle cartucce simili a quelle del DS in pratica).
- Ha una videocamera sia dietro che davanti.
- Ha una pannello posteriere sensibile al tatto.
- Tecnicamente è impressionante: i giochi sono graficamente paragonabili ai primi titoli per PS3. Nonostante il processore non sia potente quanto quello di una PS3 (è potente circa la metà) riesce a far girare giochi simili perchè lo schermo di PSP2 ha una risoluzione più bassa delle TV full HD.
- Ci sono voci che dicono che abbia il doppio della memoria di XBOX 360.
- Molti giochi per PS3 potrebbero essere convertiti in giochi PSP2, in modo che i videogiocatori possano cominciare un gioco su PS3 e continuarlo su PSP2 quando sono in viaggio.

Tutto molto interessante.
Và detto che in un portatile la potenza grafica spaccamascella vuol dire poco (basta vedere com'è andata a finire tra DS e la più performante PSP).
In questo senso spero che per PSP2 si vedano delle belle esclusive e non una marea di inutili porting da PS3.
Anche se l'idea di iniziare un gioco su PS3 e continuarlo su un sistema portatile quando sono in vacanza effettivamente mi stuzzica.
Inoltre finalmente abbiamo due stick analogici!
Sempre in una posizione inculata da quanto si vede dalle immagini, ma vabbè, non lamentiamoci.

mercoledì 26 gennaio 2011

Dead Nation

Sviluppato da Housemarque, medesima software house dietro all'ottimo Super Stardust HD, Dead Nation è al momento uno dei giochi più interessanti disponibili su Playstation Network.
Il titolo in questione è uno sparatutto con visuale a volo d'uccello che espande il concept di gioco dei classici dual stick shooter alla Geometry Wars.
Dead Nation è un gioco d'azione dai toni horror in cui il giocatore è chiamato a farsi strada attraverso dieci livelli, massacrando orde di zombi desiderosi di mangiare cervelli.
Le armi disponibili, tutte upgradabili, sono tantissime e ammazzare zombi dà una bizzarra quanto spassosa sensazione di appagamento (e si parla di centinaia di uccisioni per livello).

Il gioco propone diverse chicche notevoli che consentono di affrontare i livelli con un minimo di strategia. Ad esempio, se sparerete a un'auto con l'allarme attivato, questo inizierà a suonare e attirerà gli zombi verso il veicolo, che inizierà ad essere preso a pugni dai non morti per poi esplodere dopo alcuni secondi, sventrando tutti gli avversari in un tripudio di budella.
Vi è poi il colpo potenziato dell'arma principale (attivabile tenendo premuto il tasto R1), che consente di sparare un proiettile perforante in grado di uccidere diversi zombi posti uno dietro all'altro. Questo colpo si rivela utilissimo visto che spesso consente di sbarazzarsi di parecchi nemici in breve tempo, senza sprecare munizioni per le armi più potenti.

Determinati avversari necessitano poi di essere affrontati con un approccio leggermente diverso rispetto agli zombi comuni.
Vi sono gli "zombi ciccioni", che vanno fatti esplodere a distanza, o gli invocatori, che andranno seccati in fretta e furia prima che richiamino altri nemici.
Mancano comunque i boss, spesso sostituiti da ondate di zombi particolarmente numerose verso la fine dei livelli. Non un male, secondo me.
Dead Nation ha quindi un gameplay assuefacente e più profondo di quanto potrebbe sembrare a un primo impatto, inoltre la possibilità di giocare l'avventura in co-op rende il tutto ancora più interessante.

Il titolo Housemarque è notevole anche dal punto di vista tecnico: a schermo muove veramente un sacco di roba e gli effetti di luce sono letteralmente meravigliosi.
Effetti di luce che tra l'altro sono spesso funzionali al gameplay, poichè capita spesso che gli zombi attacchino dalle zone poco illuminate, cogliendo il giocatore di sorpresa.
Persino l'atmosfera da horror-splatter è ricreata alla grande e come ciliegina sulla torta segnalo che le sequenze d'intermezzo (tutte disegnate) sono di una qualità più che discreta.
Soldi ben spesi insomma, Dead Nation è un gioco consigliatissimo.

giovedì 20 gennaio 2011

God of War: Ghost of Sparta

Andrea Pessino è un grosso.
Perchè sì dai, un ragazzo italiano che a ventidue anni si trasferisce negli USA, portandosi dietro la moglie e la figlia di pochi mesi, per inseguire il sogno di una talentuosa carriera di sviluppatore non può che essere un grosso.
E il bello è che Pessino l'ha pure realizzato alla grande questo sogno.
Oggi è infatti uno dei boss fondatori di Ready at Dawn e ha firmato tre fra i migliori giochi disponibili per PSP: Daxter, God of War: Chains of Olympus e il recente God of War: Ghost of Sparta.
Poi bè, Pessino in effetti non è grosso solo metaforicamente, visto che è letteralmente una bestia che non sfigurerebbe nel cast di The Expendables.

Il suo team, dicevo, è responsabile di alcuni dei maggiori successi per il portatile Sony.
Ghost of Sparta è il loro terzo titolo, probabilmente uno degli ultimi giochi degni di interesse che usciranno su PSP, visto anche che ormai l'annuncio ufficiale di PSP2 (o PSPhone?) sembrerebbe alle porte. Sottolineo il "sembrerebbe" perchè insomma, si sa che 'ste previsioni non le azzecco quasi mai.

Da dire non c'è molto in realtà, visto che in fondo stiamo parlando di un titolo sì di qualità, ma pur sempre molto simile al suo predecessore Chains of Olympus.
I Ready at Dawn sono riusciti ancora una volta a spremere la console Sony oltre ogni immaginazione, tirando fuori un titolo dalla grafica impressionante. Sul serio, non oso pensare a quello che questa gente riuscirebbe fare su una PS3.

Per il resto ci troviamo alle prese con il solito God of War che tutti conosciamo.
Collocato tra la fine di God of War I e l'inizio di God of War II, Ghost of Sparta vede Kratos alla ricerca del fratello Deimos. Come al solito il nostro pelatone dovrà vedersela con svariate creature e personaggi mitologici in un action game ignorantissimo e dal sistema di controllo appagante, anche se non eccessivamente profondo.
Nulla di nuovo insomma.
Anzi, se negli ultimi mesi vi siete sparati sia God of War III che God of War Collection non è da escludere che non ne possiate più di 'sta roba.

Ghost of Sparta è comunque un giochetto godibile, che su una console portatile, durante una bella settimana in montagna, si lascia apprezzare più che volentieri.
Non dura tantissimo, ma l'avventura principale sa coinvolgere il giusto grazie a combattimenti sempre votati alla spettacolarità e a scenari che in certi casi mozzano il fiato.
I Ready at Dawn hanno quindi tirato fuori l'ennesimo titolo valido su una console in cui ormai credono in pochi.
Se avete voglia di un bell'action game per PSP è difficile trovare qualcosa di meglio.

Nota a margine: nel caso foste interessati, vi segnalo che nell'episodio di Outcast dedicato all'IVDC 2010 è presente (tra le altre cose) una lunga e corposa intervista ad Andrea Pessino.
Ne consiglio caldamente l'ascolto, visto che vengono dette un sacco di cose interessantissime.
L'episodio in questione potete scaricarlo qui.

mercoledì 19 gennaio 2011

Hereafter

Dopo Invictus, Matt Damon torna ad essere protagonista di un film diretto dal sempre più prolifico Clint Eastwood.
Hereafter è una pellicola un po' diversa dai precedenti lavori del regista americano, che in ogni caso ha già dimostrato di saperci fare con film di ogni tipo.

Eastwood questa volta si trova alle prese con difficili tematiche come la morte, l'aldilà e l'incapacità di accettare la scomparsa di una persona cara.
Questi argomenti vengono affrontati raccontando tre storie legate da un unico filo conduttore e destinate ad intrecciarsi: un sensitivo americano stanco del suo potere di comunicare con le anime defunte, un bambino inglese che ha perso il fratello gemello in un incidente e una giornalista francese che, durante uno tsunami, ha vissuto un'esperienza pre-morte.
Non tutte le tre storie si rivelano riuscite allo stesso modo e in generale il film non raggiunge mai le vette di coinvolgimento di un Gran Torino o di un Mystic River, forse anche a causa di una certa lentezza e dialoghi sì ottimi, ma fin troppo ingessati e privi di mordente.

Eastwood riesce comunque a raccontare la vicenda con la giusta sensibilità e ancora una volta dirige un film di una perfezione formale ineccepibile, dipingendo personaggi estremamente umani che si sanno raccontare allo spettatore in modo splendido (bellissimo il rapporto tra i due gemelli, in questo senso).
Come detto siamo lontani dalle opere migliori del regista, ma Hereafter merita comunque una visione, anche se magari i temi che tratta non sono troppo nelle vostre corde.
Certo, non aspettatevi cose epiche tipo questa o quest'altra.

lunedì 17 gennaio 2011

The Karate Kid: la leggenda continua

Da questo remake (o reboot) di Karate Kid non mi aspettavo assolutamente un cazzo.
Inoltre non ho mai visto nemmeno i film originali, quindi non temevo neanche che questa nuova pellicola potesse in qualche modo rovinarmi un mito.
Disinteresse totale.

Poi è successo che l'altra sera mi sono trovato a vedere questo nuovo Karate Kid 2010 e, con mia enorme sorpresa, ho passato due orette piacevoli. Forse 'sta cosa è dipesa anche dal fatto che non fossi condizionato dalla nostalgia (o che mi aspettassi una cazzata epocale), ma a mio avviso questo remake non fa affatto schifo.

La roba più divertente è che nel film non c'è il Karate, ma il Kung-Fu.
E già qui immagino che a qualche nostalgico potrebbero girare le palle, ma a me personalmente è importato poco, quel che conta è la sostanza.
E insomma, la sostanza c'è.
I combattimenti sono tanti, discretamente spettacolari e quasi tutti girati con maestria.
Jackie Chan sa il fatto suo e nel ruolo di maestro burbero e scazzato funziona benone.
Il protagonista è il figlio di Will Smith, vale a dire il dodicenne Jaden Smith. Bravino, nonostante sia ancora giovanissimo. Se non fa minchiate potrebbe anche diventare un signor attore.

Altra differenza rispetto ai vecchi film, che da quanto ne so si svolgevano in America, è che questo remake è ambientato in Cina.
Karate Kid può così approfittarne per offrire scorci della Cina imperiale, mostrando paesaggi suggestivi che fanno da sfondo a evocative sequenze di allenamento. Il film ne guadagna certamente in spettacolarità scenografica, anche se forse in alcuni momenti su 'sta cosa viene calcata un po' troppo la mano e si crea un effetto "documentario" un attimino fastidioso.
Ma ci si può tranquillamente passar sopra.

Un piacevole film sulle arti marziali dunque.
Senza troppi fronzoli, con tanta gente che si pesta e pure una storia di formazione che, nella sua semplicità, si lascia apprezzare.
Un paio di scene le ho poi trovate veramente belle.
Per la serie: mai giudicare una cosa prima di averla vista.
Vedrò di recuperare anche il film originale comunque.

venerdì 14 gennaio 2011

Donkey Kong Country Returns

Sedici anni fa il primo Donkey Kong Country diede nuova linfa vitale a un Super Nintendo che pareva ormai essere stato spremuto fino all'osso.
Chi all'epoca era già appassionato di videogiochi ricorderà che il platform firmato Rare era leggermente più grezzo rispetto a un Mario World a caso.
Donkey Kong Country riusciva comunque a stupire grazie a una veste grafica avveniristica, che sfruttava la tecnica del pre-rendering per dare una parvenza di tridimensionalità a personaggi e ambientazioni.
Nel 1994 Donkey Kong Country faceva graficamente spavento.
Il gioco ebbe due seguiti che contribuirono ad allungare la vita del 16 bit Nintendo, aiutandolo in qualche modo a contrastare l'avanzata dei sistemi a 32 bit in attesa dell'uscita del leggendario Nintendo 64.

Mi rendo conto di come questo lungo preambolo c'entri relativamente poco con Donkey Kong Country Returns, ma ormai dovreste sapere che sono un gran nostalgico a cui piace rievocare un po' di storia videoludica.
Comunque sia, lasciamoci pure alle spalle i ricordi e concentriamoci sul presente che, a dirla tutta, in questo caso è entusiasmante almeno quanto i bei vecchi tempi.
Donkey Kong Country Returns è infatti una degna rivisitazione in chiave moderna del celebre platform uscito per SNES. Anzi, probabilmente possiamo affermare che Returns sia addirittura superiore al suo illustre predecessore.
I Retro Studios, già autori della capolavoreggiante trilogia di Metroid Prime, hanno fatto un lavorone e sono riusciti ad estrarre dal cilindro un platform talmente entusiasmante da riuscire a non far rimpiangere in alcun modo le glorie del passato.

Dal punto di vista grafico Returns riesce a trarre il meglio di quanto Wii abbia da offrire.
Il titolo Retro Studios è probabilmente la cosa più bella che si sia vista sulla console Nintendo insieme ai due Mario Galaxy.
Se uno dei pochi ambiti in cui New Super Mario Bros mostrava il fianco era proprio il comparto tecnico, Donkey Kong Country Returns non delude da questo punto di vista, rivelandosi un autentico spettacolo per gli occhi.
Nemici animati splendidamente, livelli stilisticamente ispiratissimi e tanti piccoli tocchi di classe che riescono a far scordare in fretta i limiti tecnici del Wii.
Ok, manca il fur-shading sulla pelliccia di Donkey, ma alla fine poco importa.
Chiaro, nel 1994 il primo Country era graficamente uno sfoggio di potenza bruta, in questo senso Returns non può avere lo stesso impatto del suo antenato, ma Retro Studios ha comunque saputo confezionare un titolo esteticamente maestoso.
Buoni anche gli effetti sonori e le musiche, spesso proprio riarrangiamenti di quelle (magnifiche) di Donkey Kong Country.

Ma il vero cuore di Returns non risiede nell'aspetto grafico, bensì nel gameplay.
Retro Studios ha avuto il coraggio di proporre un titolo veramente impegnativo, in grado di mettere a dura prova persino i videogiocatori più capaci.
Le vite vengono perse a decine, alcuni passaggi, per essere superati, richiedono di essere affrontati con la massima concentrazione e chi volesse portare a termine l'avventura al 100% si prepari alla scomunica.
Ma anche soltanto arrivare al boss finale e batterlo non è affatto impresa da poco.
Donkey Kong Country Returns è difficile quanto (e forse più) dei suoi predecessori a 16 bit.
Ma questo non deve scoraggiare, in quanto si sta parlando di un gioco tosto ma non impossibile.
Ogni ostacolo può essere superato con la pratica necessaria. Il trial & error, pur essendo di fatto presente, non è quasi mai tedioso, questo grazie alla qualità dei livelli stessi e all'enorme numero di situazioni che il gioco sa proporre, in grado di solleticare l'interesse del giocatore e di motivarlo a superare anche le sezioni in apparenza più frustranti.
Chi poi dovesse trovarsi in estrema difficoltà potrà sempre ricorrere alla super guida, già vista in New Super Mario Bros Wii.

Returns è dunque un gioco che richiede impegno e dedizione, sotto una scorza colorata e spensierata si nasconde in realtà un titolo duro e granitico che in pochi si aspettavano.
Ma il giocatore che vorrà accettare questa sfida verrà ripagato da enormi soddisfazioni e si troverà alle prese con un videogioco dannatamente divertente e caratterizzato da un level design allucinante.

Gli unici difetti riscontrabili risiedono in alcuni boss fight non troppo ispirati e in una certa imprecisione del "waggle", vale a dire la scrollata di wiimote e nunchuck attraverso cui Donkey Kong esegue determinate azioni, come la rotolata. Può capitare che questo waggle, che nel gioco effettuerete molto spesso, abbia una risposta a schermo leggermente imprecisa. La cosa risulta effettivamente fastidiosa in un titolo che, per il resto, possiede un sistema di controllo pressochè inattaccabile.
Viceversa ho trovato gradita l'introduzione del jet-pack.
Giocando in single player infatti, Diddy non sarà più un personaggio controllabile come nell'episodio per SNES, bensì fungerà da power-up. Dopo che verrà liberato dal barile in cui è prigioniero, salirà sulle spalle di Donkey e lo agevolerà nei salti grazie allo zaino jet-pack che indossa (attivabile tramite la pressione prolungata del tasto A), dando la possibilità di eseguire delle planate di breve durata. Oltre a questo compariranno due cuori di vita extra in aggiunta ai due di cui dispone Donkey.
Temevo che questo power-up potesse in qualche modo rendere Returns fin troppo facile, invece il più delle volte si limita semplicemente a rendere più fattibili sezioni di gioco che, affrontate con il solo Donkey, sarebbero al limite delle possibilità umane (e qui linko uno dei livelli segreti per farvi capire cosa intendo).

Bene, chiudo qui perchè credo di essermi dilungato fin troppo.
Donkey Kong Country Returns è un gioco ispiratissimo e senza ombra di dubbio uno dei titoli più imponenti disponibili per Wii.
Chi possiede la console Nintendo e si ritiene un videogiocatore degno di tal nome ha il dovere morale di considerarlo un acquisto imprescindibile.

lunedì 10 gennaio 2011

Tron Legacy

Di Tron Legacy ne stanno parlando più o meno tutti malissimo.
Spulciando i vari blog, i forum e i siti che trattano di cinema, si può immediatamente constatare che la valutazione media oscilla tra "gran cagata" e "delusione incredibile".
Come ben saprete ero discretamente hypato per questo film, ma devo ammettere che alla fine tutti i giudizi negativi mi avevano leggermente scoraggiato, abbassando parecchio le mie aspettative.

Sono dunque andato al cinema temendo che sarei uscito dalla sala deluso (se andava bene) o proprio disgustato (se andava male).
E quindi, com'è andata?
Gran cagata? Delusione? Era meglio se andavo a vedere il film di Checco Zalone?
Nulla di tutto questo: Tron Legacy mi è piaciuto.
Probabilmente sono anche stato vittima del "contro-hype", vale a dire quella cosa che vai al cinema pensando di vedere un film di merda tipo Transformers 2 e invece ti trovi di fronte a una pellicola tutto sommato accettabile che sembra addirittura eccellente rispetto allo schifo che ti aspettavi, tuttavia l'impressione è che Tron Legacy sia un film ben più dignitoso di quanto si legge in giro.
Vi dirò, secondo il mio personalissimo giudizio ci troviamo di fronte al classico "sequel that isn't as bad as everyone says". Non un capolavoro, sicuramente nemmeno una pietra miliare della storia del cinema (che poi oh, se qualcuno si aspettava una sorta di Inception targato Disney è anche un po' coglione), ma sicuramente un piacevole blockbusterone con parecchie cose fighe.

Dal punto di vista audiovisivo Tron Legacy tira mazzate a destra e a manca.
Da vedere e da sentire è un film semplicemente spettacolare, con degli effetti speciali meravigliosi. Questo và unito al fatto che, sempre secondo il mio giudizio personale, l'universo di Tron è stilisticamente sontuoso.
Buone notizie anche per quanto riguarda il ritmo della pellicola.
Chiunque abbia visto il primo Tron avrà sicuramente temuto che anche questo sequel fosse lento all'inverosimile. Perchè sì dai, del film originale si può dire tutto, ma non che avesse una narrazione particolarmente avvincente. Anzi, diciamocelo, era una rottura di palle.
Legacy invece ha un ottimo ritmo, se si esclude un leggero calo nella parte centrale.
Le sequenze d'azione contribuiscono a tenere alto il tasso di coinvolgimento: sono quasi sempre bellissime, incalzanti e girate in maniera magistrale.
Chi temeva di annoiarsi può andare al cinema tranquillo: il trailer lasciava intendere un film ben più adrenalinico del prequel e grazie al cielo così è stato.
A rendere il tutto ancora più elettrizzante ci pensa il comparto sonoro.
Da una parte gli effetti sonori strepitosi, dall'altra la colonna sonora dei Daft Punk, che farà provare alle vostre orecchie una serie di orgasmi multipli. E per la cronaca Derezzed è solo uno dei tanti pezzi spettacolari.

Tron Legacy purtroppo delude un bel po' dal punto di vista della sceneggiatura e della storia.
Tutto è molto banalotto, i dialoghi non brillano quasi mai e molte cose che potrebbero essere intriganti vengono liquidate in maniera frettolosa. La cosa è fastidiosa perchè il potenziale dell'universo di Tron sarebbe enorme nelle mani di qualcuno che le storie le sa raccontare.
Legacy invece è letteralmente un kolossal "per tutti", con i pregi e i difetti del caso, un film che osa poco e si limita a narrare una storia piatta e prevedibile. Non brutta, soprattutto se siete fan del primo film, semplicemente fin troppo insipida.
Da questo punto di vista un po' di disappunto c'è, tuttavia bisogna comunque sottolineare che Tron Legacy rimane una buon kolossal di intrattenimento: se lo giudichiamo per quello che vuole essere è un film che non delude assolutamente e che tra l'altro riesce a impressionare grazie a un comparto audiovisivo da infarto.

In foto: Olivia Wilde nei panni attillati di Quorra.
Una figa indescrivibile. Anzi, una FIGA INDESCRIVIBILE, in maiuscolo e grassetto.
Non appena l'hanno inquadrata in primo piano, in sala si è alzato un coro di mugolii di piacere da parte del pubblico maschile.
Giuro.