lunedì 22 ottobre 2012

Borderlands 2

Lo ammetto, non attendevo poi così tanto l'uscita di Borderlands 2.
Il primo Borderlands si era rivelato una graditissima sorpresa e un ottimo titolo, ciononostante non me la sentirei di annoverarlo tra i miei "videogiochi della vita". Era caruccio e spassoso, certo, ma non è che la sua bellezza mi avesse proprio sconvolto.
Ultimamente, inoltre, nutro una certa avversione per gli RPG alla Diablo, genere da cui Borderlands eredita sostanzialmente la struttura ludica, pur mischiandola con quella di un first person shooter.
Questo sequel, dunque, mi risultava a pelle piuttosto indifferente, tuttavia alla fine ho deciso di giocarmelo lo stesso.
In primis perchè comunque il suo predecessore mi era piaciucchiato, in secundis perchè le varie recensioni in giro per la rete mi facevano subodorare un possibile capolavoro.
E che dire, ancora una volta il mio olfatto videoludico non mi ha tradito: dopo averci passato sopra ben trentasette ore, sento di poter dire che non solo Borderlands 2 è una giocone pazzesco, ma è anche uno dei candidati più papabili per il titolo di "Game of the Year".

Sul serio, questo gioco è talmente farcito di figate da avermi lasciato senza parole.
Gearbox è riuscita nell'impresa di prendere il primo Borderlands e migliorarlo sotto tutti gli aspetti, confezionando un sequel che sfiora la perfezione.
Dal punto di vista grafico, tanto per iniziare, c'è stato un discreto boost. Borderlands 2 è bellissimo da vedere e stilisticamente tira mazzate fortissime a destra e a manca.
Il merito è da attribuire in parte a un ottimo cel-shading, in parte ad un design particolarmente azzeccato e a una cura per i particolari impressionante.
Borderlands 2 è un bel cartone animato in movimento.
Una goduria per le pupille su console, un'estasi da slogatura mandibolare su PC (wah!).
Durante le situazioni più concitate il macello a schermo sarà notevole.
Il bello è che la grandiosità di Borderlands 2 non dipende unicamente dal suo impatto grafico. Tutt'altro.
Da un FPS-RPG con struttura alla Diablo ci si attenderebbe un gioco dal gameplay non troppo scoppiettante: decine di ore spese ad affrontare quest noiose e ad ammazzare mob tutti uguali, il tutto mentre si esplorano mappe pallosissime e si tenta di sopportare una storia soporifera.
Insomma, ci si aspetterebbe un gioco che non provoca assuefazione grazie a un gameplay frenetico ed esaltante, ma grazie a tutta una serie di escamotage tipici delle esperienze ruolistiche. Il titolo Gearbox, invece, non si limita a "scimmiarti" con la febbre da loot e con l'autocompiacimento da level-up, ma riesce anche a gasarti con un gameplay solidissimo e gustoso.
Perchè Borderlands 2, prima ancora di essere un RPG basato sul guadagno dei punti esperienza e sulla ricerca di un equipment sempre migliore, è soprattutto un validissimo FPS.

E' proprio il gameplay la cosa più sorprendente del gioco Gearbox.
Borderlands 2 propone così tante situazioni e idee da far invidia a qualunque sparatutto in prima persona.
Prima di tutto offre un'impessionante varietà di nemici, tutti dotati di una discreta intelligenza artificiale e di approcci d'attacco completamente diversi. Raramente è consigliato buttarsi nei combattimenti a testa bassa, più spesso è meglio capire chi si ha di fronte e decidere come attaccarlo.
In questo senso è anche importante la scelta delle armi da utilizzare. C'è il mob vulnerabile al fuoco e quello più sensibile al danno elettrico. E' essenziale valutare per bene il bottino lasciato a terra dagli avversari sconfitti per capire se c'è un'arma che fa al caso nostro.
Magari a volte è il caso di lasciare da parte la mitragliatrice più potente in favore della pistoletta con l'effetto elementale più efficace, altre volte invece è il caso di puntare sulla forza bruta e imbracciare il fucile a pompa più adatto per il combattimento ravvicinato.
E' possibile analizzare il modello poligonale di qualsiasi arma fin nel minimo dettaglio.
Il confronto tra le statistiche dell'equipment è inoltre rapido e funzionale.
E' proprio la varietà e la qualità degli scontri a fuoco uno dei più grossi pregi di Borderlands 2.
I combattimenti di questo gioco offrono sempre il giusto tasso di sfida e hanno il gran pregio di essere costantemente divertenti e appaganti. Non solo, dato che le varie sparatorie, oltre ad essere già molto varie di loro, possono essere affrontate diversamente a seconda della classe che abbiamo scelto all'inizio della nostra partita, vale a dire il Commando, la Sirena, il Gunzerker, l'Assassino e, aggiunta di recente tramite DLC, la Mechromancer. Ciascuna di esse è dotata della propria abilità speciale (la cosiddetta "Action Skill) e consente di approcciarsi a Borderlands 2 in maniera radicalmente differente.

A proposito delle classi: la possibilità di personalizzazione è enorme, sia dal punto di vista estetico che dello stile di gioco. Ciascun giocatore può potenziare le capacità del proprio personaggio come vuole, scegliendo di spendere come meglio crede i punti abilità che si ottengono salendo di livello: volendo ci si può focalizzare su uno dei tre rami di specializzazione disponibili, oppure si possono sbloccare skill diverse in tutti e tre, costruendosi così il proprio cacciatore della cripta su misura.
Io che uso il Commando, per esempio, ho deciso di arrivare in fondo al ramo "Guerrilla", potenziando notevolmente la torretta mitragliatrice Sabre (l'abilità speciale esclusiva della mia classe). Ora che ho finito la main-quest penso che mi concentrerò un po' sul ramo "Survival", al fine di migliorare le mie capacità difensive.
Tutti i punti abilità spesi, in ogni caso, possono essere riassegnati a piacimento presso l'apposita stazione di modifica del personaggio.
Ulteriore possibilità di personalizzazione, infine, è data dai Punti Duro: questi sono ottenibili completando una serie di sfide proposte dal gioco e possono essere spesi per migliorare le proprie statistiche (energia massima, danno delle armi, tempo di ricarica degli scudi e quant'altro).
Lo Skill Tree del Commando, con i tre rami "Guerrilla", "Gunpowder" e "Survival".
In alto al centro potete vedere l'abilità speciale della Torretta, la prima skill che sbloccherete.
Il gameplay di Borderlands 2 è inoltre esaltato dall'incredibile level design.
Tutte le aree di gioco sono enormi, curatissime e strutturate in maniera impeccabile. Sono dei teatri perfetti per dei combattimenti dal sapore epico ed esplorarle alla ricerca di segreti nascosti è sempre un vero piacere.
Questa cura e questa varietà si riflettono perfettamente anche nella qualità delle missioni.
La main-quest è lunga e corposa e le quest secondarie sono una mezza infinità. Borderlands 2 è un gioco letteralmente gigantesco, ciononostante non viene mai (e sottolineo MAI) a noia.
Nel gioco si spara e basta, tuttavia non esiste una missione che sia uguale all'altra, non esiste una side-quest che ti faccia dire "Oh, ma che palle, 'sta cosa l'ho già fatta e qui ci sono già stato!".

Come fa Borderlands 2 ad essere così trascinante? Di chi è il merito?
Bè, ovviamente della struttura stessa delle quest, ma in parte pure della cura che il titolo Gearbox ripone nel suo comparto narrativo. Questo gioco non annoia mai non solo perchè il gameplay è solido e le missioni sono ben diversificate, ma anche perchè la sua storia è ben raccontata e i personaggi che popolano Pandora sono tratteggiati in maniera eccelsa.
Eh sì, cari signori, perchè Borderlands 2 è uno dei videogiochi meglio scritti della storia!
La sceneggiatura è eccezionale e i dialoghi sono sempre assurdi, sopra le righe e spassosissimi. I vari NPC sparano cazzate a raffica e le frasi ad effetto degne di essere citate ovunque sono una mezza infinità.
Seriamente, Borderlands 2 è un fottuto capolavoro di scrittura ed è una cosa incredibile considerando che il prequel da questo punto di vista non era poi 'sta gran roba.
A coronare il tutto metteteci anche un villain dotato di una caratterizzazione memorabile e capirete che il quadretto è completo.
C'è anche spazio per qualche sessione a bordo di veicoli.
La mappa The Dust è forse quella che dà luogo agli inseguimenti più spettacolari.
Borderlands 2 mi ha fatto veramente innamorare.
Pochi titoli riescono ad essere allo stesso tempo così mastodontici e ricchi di gameplay.
E' un gioco talmente pieno di cose da fare e da vedere da lasciarti stordito. Anche dopo quasi quaranta ore di gioco ci si ritrova a ridere come scemi per aver scoperto l'easter egg inaspettata, per aver beccato una quest geniale o per aver sentito qualche battuta particolarmente idiota. E nel frattempo si gode, cacciando Skag a Lynchwood o combattendo orde di Mech a Opportunity.
Da qualsiasi punto di vista e in qualunque modo lo si voglia affrontare (in coop o in single player), Borderlands 2 è un assoluto capolavoro.
Un gioco grosso.

lunedì 15 ottobre 2012

Resident Evil 6

Resident Evil 6 è probabilmente il gioco più discusso del momento.
Navigando per i vari siti, blog e forum non è difficile incappare in frotte di videogiocatori delusi dall'ultima opera Capcom.
Stiamo parlando di un titolo che ha suscitato una valanga di polemiche ancora prima di uscire, grazie a una demo che ha fatto storcere il naso a tutto l'internet. Tali polemiche si sono poi inasprite quando sono uscite le prime recensioni e le prime valutazioni positive da parte di chi il gioco aveva avuto modo di provarlo nella sua interezza.
Perchè ovviamente, per l'intelligentissima gente che critica a priori, è inammissibile che Resident Evil 6 arrivi anche solo alla sufficienza. Una vergognah!!!!1
Ma non voglio entrare nel merito della questione, che ormai le guerre sante internettiane contro questo o quel gioco mi annoiano a morte (tra un mesetto toccherà a Black Ops 2).
In questa sede cercherò di parlare di Resident Evil 6 per quello che è, senza pregiudizi, criticando quello che c'è da criticare ed elogiando quello che c'è da elogiare.
Partiamo.

Come probabilmente saprete, Resident Evil 6 offre tre campagne diverse, più una quarta sbloccabile.
L'idea di Capcom era quella di realizzare un gioco mastodontico, che offrisse esperienze di gioco radicalmente diverse l'una dall'altra.
Si può dire che questo obiettivo sia stato centrato.
Iniziando il gioco con Leon ed Helena vedremo una specie di Resident Evil 4 che si mescola alle atmosfere dei primi episodi della serie. Torna una cittadina invasa dai non morti e tornano situazioni familiari condite da una buona dose di fan-service.
La campagna di Chris e Piers è invece molto più adrenalinica e si gioca letteralmente come un third person shooter. Stavolta ci troveremo ad affrontare i J'avo, delle mutazioni genetiche particolarmente aggressive che non esiteranno ad attaccarci facendo (anche) uso di armi da fuoco. Non mancheranno scontri contro boss dalle dimensioni generose e momenti da "drammone" hollywoodiano.
Interessante anche la parte di gioco in cui si controllano Jake e Sherry, probabilmente la più frizzante dell'intero titolo. In questa sezione il tasso di spettacolarità è ai massimi livelli e Resident Evil 6 tenta di stupire con alcuni set-pieces e numerose variazioni di gioco particolarmente originali (almeno per la serie, si intende). Anche qui, in ogni caso, il fan-service si spreca e chi ha adorato Resident Evil 3 Nemesis proverà un fortissimo senso di déjà-vu.
La campagna supplementare, dedicata ad Ada Wong, si sblocca completando le tre principali ed è l'unica che può essere affrontata unicamente in single player (anche se a giorni dovrebbe uscire un DLC gratuito che implementerà la coop pure qua). L'avventura di Ada, che somiglia per certi versi a quella di Leon con qualche velleità horror in meno, torna a proporre enigmi che riportano alla mente quelli dei primissimi episodi della serie.
Jake è un bel personaggio ed è dotato di un'ottima caratterizzazione.
Fa poi piacere rivedere Sherry Birkin, di cui si erano perse la tracce dai tempi di Resident Evil 2. 
Con quattro campagne da giocare la longevità di Resident Evil 6 è alle stelle.
Per completare il tutto ci vorranno ben oltre venti ore, una durata di tutto rispetto per quello che, stringi stringi, rimane un linearissimo gioco d'azione in terza persona.
Il rischio di rompersi le palle prima della fine sembrerebbe dunque alto. Ed inutile negarlo, al termine della campagna di Ada ci si arriva piuttosto saturi. Ma in realtà le quattro diverse campagne riescono a proporre esperienze di gioco abbastanza diverse da scongiurare almeno in parte la ripetitività.
Inoltre, ed è questa la cosa più sorprendente, Resident Evil 6 è un gioco trascinante.
Dal punto di vista narrativo il gioco Capcom funziona alla grande. Pur proponendo una lunga serie di trashate allucinanti, la storia di questo sesto episodio tiene botta e coinvolge.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati e, mano a mano che si procede con il gioco, è inevitabile essere curiosi di sapere come continua la faccenda.
In questo senso aiuta il fatto che tutte le campagne si intreccino tra di loro. Se da un lato questo porta spesso a visitare nuovamente le stesse situazioni o a riaffrontare per l'ennesima volta gli stessi boss, da un altro lato è appagante osservare una porzione di gioco da un punto di vista diverso, facendo magari cose un po' diverse.
E' proprio questa voglia di vedere tutto che spinge ad andare avanti a giocare per avere una visione più chiara dell'intreccio narrativo e delle possibilità offerte in termini di gameplay.

Non voglio però affermare che Resident Evil 6 sia un capolavoro del tutto privo di difetti.
Purtroppo non è così, dato che il gioco Capcom è effettivamente un titolo con numerose imperfezioni e sbavature.
La realizzazione tecnica, ad esempio, non convince del tutto. Sia Resident Evil 4 che Resident Evil 5 erano graficamente notevoli nel periodo in cui uscirono, il sesto episodio invece sembra faticare a raggiungere l'eccellenza visiva tipica della serie.
Non mancano i momenti spettacolari e alcune ambientazioni esteticamente apprezzabili, ma l'impressione è che il gioco Capcom fatichi a tenere il passo con i titoli ad alto budget più recenti, tanto che il paragone con un Uncharted 3 o, per rimanere in ambito multipiattaforma, con un Max Payne 3 è spesso imbarazzante.
E le animazioni non sempre convincenti, le texture pessime e un aspetto grafico fin troppo cupo non aiutano certo a migliorare la situazione.
La realizzazione dei personaggi principali è tendenzialmente buona.
L'espressività dei volti convince e l'ottimo doppiaggio in italiano contribuisce a rendere piacevoli le sequenze di intermezzo.
Fortunatamente il gameplay che contraddistingue la saga funziona sempre e Resident Evil 6 si rivela un gioco divertente come da tradizione. Anche qui però si potrebbe muovere qualche critica.
Capcom non è riuscita a snellire come si deve il sistema di controllo della serie, che rimane sempre fin troppo legnoso. Un leggero miglioramento c'è stato (interessante, in questo senso, l'enfasi posta sulle mosse corpo a corpo), ma siamo comunque lontani dalla reattività di altri popolarissimi third person shooter.
Personalmente, poi, ho trovato gli scontri a fuoco di Resident Evil 6 meno ispirati e appaganti di quelli proposti nei due episodi precedenti. Forse è un problema mio che ho un ricordo eccessivamente positivo di Resident Evil 5 e, soprattutto, di Resident Evil 4, ma mi sembra quasi che a questo sesto episodio manchi un po' di "cattiveria": svolge il suo compitino come di deve, fa quello che deve fare proponendo scontri abbondanti e impegnativi, ma raramente cerca di osare e di farsi ricordare.
In questo senso è emblematica la campagna di Leon, bella e intrigante quanto si vuole (soprattutto nelle fasi iniziali), ma forse fin troppo derivativa.

Il problema più grosso di Resident Evil 6 è in definitiva quello di essere il sesto episodio di una serie che, dopo un quarto episodio rivoluzionario, fatica un po' a rinnovarsi e a trovare la sua strada.
I miglioramenti ci sono, soprattutto a livello narrativo e di impostazione di gioco, ma il titolo Capcom non riesce a convincere del tutto a causa di qualche magagna di troppo.
In questo senso è perfettamente comprensibile che la critica si sia spaccata in due nel giudicarlo: è un gioco che si ama o si odia a seconda di quello che si cerca.
Se ci si lascia trascinare e ci si abbandona all'esperienza che riesce a proporre, Resident Evil 6 è un titolo convincente e dotato di ottime qualità (soprattutto se lo si affronta in coop).
Se invece ci si sofferma sui difetti e sulle cose che non funzionano diventa difficile riuscire ad apprezzare l'ultima fatica di Capcom.

Sapete che in genere detesto dare i voti ai videogiochi, soprattutto in casi controversi come questo.
Visto però che Resident Evil 6 ha preso un po' di tutto (dal ridicolo 
3 di Destructoid al 9 di IGN Italia, passando per il 6 di Edge) ho deciso di sbilanciarmi, tanto per il piacere di buttarmi nella mischia.
Diciamo che, se fossi costretto a chiudere la recensione con una valutazione numerica in scala da 1 a 10, probabilmente starei sull'8 pieno.
Direi che è il voto più adatto per un gioco non esente da difetti ma che, in ogni caso, riesce a tenerti incollato allo schermo e a divertirti per parecchie ore.

martedì 2 ottobre 2012

A Storm of Swords

Se c'è una cosa che mi piace del modo di scrivere di Martin è la sua imprevedibilità.
Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco sono sì interessanti perchè propongono un mondo fantasy diverso dal solito e tratteggiato fin nei minimi particolari, ma la loro caratteristica più peculiare è proprio la capacità di lasciare di sasso il lettore con twist della storia inaspettati.
A Storm of Swords, terzo libro della saga, è proprio l'apoteosi di questa spiazzante imprevedibilità.

Se A Clash of Kings aveva il difetto di essere un libro in cui accadevano ben poche cose interessanti, A Storm of Swords ha quasi il problema opposto.
Nelle sue milleduecento pagine succede di tutto e di più.
Quasi in ogni capitolo c'è un evento importante e sorprendente, qualcosa che sconvolge il punto di vista dei protagonisti o che rimescola completamente le carte in tavola.
Martin dimostra di essere uno scrittore che non si fa troppe paranoie a spiazzare il lettore con morti inattese o stravolgimenti che modificano totalmente la psicologia di determinati personaggi (mi sto mordendo la lingua per non spoilerare, sappiatelo).
Il bello, infatti, è che i colpi di scena non sono mai messi lì semplicemente per fare la sparata ad effetto, ma sono quasi sempre funzionali all'evolversi della vicenda e alla caratterizzazione dei protagonisti.

E a proposito di caratterizzazione, anche stavolta tocchiamo vette sublimi.
Personaggi che fino allo scorso libro ci sembravano quasi dei villain "bidimensionali" qui acquistano rinnovato spessore e si rivelano ben più sfaccettati di quanto potessero sembrare.
Il confine tra "buoni" e "cattivi" è spesso labile e, salvo rare eccezioni (Joffrey è sempre una merda umana), sono le motivazioni e i punti di vista a fare la differenza sulla percezione che si ha di un determinato personaggio o di un determinato evento.
In base al tipo di relazione che un protagonista ha con un altro può cambiare veramente tutto quanto.
Ed è sempre un piacere vedere come qualsiasi cosa possa apparire bianca o nera a seconda che sia osservata da Caio o da Tizio.

A Storm of Swords è un romanzo fantasy bellissimo. Lungo, denso, magari fin troppo pieno di nomi, di fatti e di dettagli da ricordare, ma allo stesso tempo dannatamente scorrevole e assuefacente.
Per ora lo considero a mani basse il miglior libro della saga di Martin, vediamo se i due che restano sapranno farmi cambiare idea.

Ho letto A Storm of Swords nella sua edizione italiana.
Nel nostro paese il libro è stato suddiviso in tre volumi di circa quattrocento pagine ciascuno: Tempesta di Spade, I Fiumi della Guerra e Il Portale delle Tenebre.
Per scofanarmi tutto ci ho messo poco più di un mese.
Noticina per chi segue la serie televisiva: questo terzo libro, vista la lunghezza, sarà suddiviso in due stagioni. Scelta che mi sento di condividere in toto, vista la mole di cose da raccontare.