giovedì 22 novembre 2012

The Walking Dead: A Telltale Games Series

C'era molto scetticismo quando fu annunciato che Telltale Games si sarebbe occupata dello sviluppo del videogioco basato su The Walking Dead, principalmente perché i lavori più recenti della software house statunitense (Back to the Future e Jurassic Park) si erano rivelati tutt'altro che entusiasmanti.
Tra i videogiocatori si stava facendo largo l'opinione che i Telltale fossero degli sviluppatori sopravvalutati, incapaci di sfruttare il potenziale immenso dei brand che gli venivano affidati.

Per il gioco "a puntate" di The Walking Dead, dunque, eravamo tutti preparati al peggio.
Lo scorso Aprile, tuttavia, quando è finalmente uscito il primo episodio, è stato impossibile non rimanere piacevolmente sorpresi dallo stupefacente risultato ottenuto.
Il titolo in questione, infatti, pur dovendo fare i conti con l'ormai arrugginito motore grafico dei giochi Telltale, risultava estremamente sorprendente.
Prima di tutto il comparto tecnico claudicante veniva compensato da una direzione artistica di tutto rispetto, che sfruttava un bellissimo cel-shading fumettoso.
In secondo luogo, The Walking Dead colpì proprio per il suo lato narrativo, che non solo risultava assai godibile per gli standard di un videogioco, ma dava anche svariate piste alla serie televisiva.
I protagonisti facevano immediatamente breccia nel cuore di chi giocava e, soprattutto, la storia veniva raccontata in modo tale da trasmettere perfettamente tensione e senso di panico.
Nei mesi seguenti, l'uscita dei quattro episodi successivi non ha fatto altro che confermare le impressioni positive suscitate dal pilot.
Anzi, sento di poter dire che, spesso e volentieri, The Walking Dead è riuscito addirittura a superare le aspettative.
Survival horror? Magari no, ma comunque chissenefrega.
Dal punto di vista ludico, The Walking Dead è un'esperienza cinematografica che ricorda molto Heavy Rain di David Cage.
Anche qui il giocatore deve controllare un protagonista chiamato a interagire con lo scenario e a compiere scelte importanti che influenzeranno in maniera pesantissima il corso della vicenda.
In questa struttura di gioco sono presenti anche contaminazioni di altri generi, ma è veramente poca roba. The Walking Dead rimane sostanzialmente un (ottimo) film interattivo.
Il fulcro del titolo Telltale è sicuramente rappresentato dal rapporto tra il protagonista Lee e gli altri personaggi che lo accompagnano.
Gran parte del gioco si basa su questo aspetto e bisognerà sempre stare attenti a scegliere cosa dire o fare, sia nelle situazioni di pericolo che in quelle di relativa calma.
Il modo in cui ci comporteremo con i nostri amici andrà lentamente a plasmare la loro opinione sul nostro conto e le nostre azioni avranno notevoli ripercussioni mano a mano che procederemo nel gioco.
Il sistema di dialoghi funziona bene e riesce a rendere in maniera egregia la frenesia degli eventi, dato che spesso dovremo scegliere velocemente cosa dire, vuoi per stemperare i toni di una discussione accesa o per prendere una decisione da cui dipende la sopravvivenza del gruppo.

A proposito di sopravvivenza del gruppo: esattamente come nel fumetto e nella serie tv, anche qui vale la regola del "nessuno è al sicuro".
Tutti i personaggi possono morire. Spesso la loro morte sarà inevitabile, ma il più delle volte il loro destino dipenderà da quello che facciamo noi. È proprio in questi casi che il gioco riesce benissimo a farci sentire il peso delle nostre responsabilità.
Ci saranno infatti svariate occasioni in cui saremo costretti a scegliere tra la vita di una persona e quella di un'altra. Altre volte dovremo addirittura prendere decisioni moralmente difficili e brutali.
Ecco, se c'è una cosa estremamente apprezzabile di questo videogioco di The Walking Dead è il suo coraggio: Telltale non si è fatta problemi a toccare argomenti forti e a sconvolgere il giocatore con situazioni che altrove (sia nei videogiochi che in tv) verrebbero proposte in maniera molto più edulcorata.
The Walking Dead è un gioco spietato, che non esita a prendere il giocatore a pugni nello stomaco dall'inizio alla fine.
La vicenda raccontata, pur rispettando i canoni delle opere a base di zombi (e cadendo anche in un paio di clichè), riesce ad essere estremamente coinvolgente e cruda proprio perché non si fanno sconti a nessuno. Raramente si gioca per più di un'ora senza che accada qualcosa di inaspettato o di emotivamente spiazzante.
Scusate, vado un attimo a piangere.
The Walking Dead è per me uno dei giochi più belli dell'anno e, in generale, uno degli esperimenti videoludici più riusciti di sempre.
È un titolo che finalmente ha il coraggio di raccontare una storia adulta, mettendo tra l'altro in scena uno dei rapporti (quello tra Lee e la piccola Clementine) più toccanti che io abbia mai visto.
È un tornado di emozioni fortissime che dura una manciata di ore, culminante in un finale assolutamente commovente.
Applausi scroscianti per i ragazzi di Telltale, altro che sopravvalutati.

Ho giocato a The Walking Dead su XBOX 360, dove i cinque episodi sono acquistabili separatamente (il primo come Live Arcade, gli altri come DLC) al prezzo di 400 MP ciascuno.
Il gioco è ovviamente disponibile anche su PS3 e su Steam.
A Dicembre dovrebbe uscire la versione boxata, solo che non si è ancora capito se arriverà pure in Italia o meno.
A tal proposito, ricordo che il gioco è completamente in inglese. Manca del tutto una localizzazione in italiano, sia per quanto riguarda il doppiaggio che i sottotitoli. Non è un grosso problema, considerando che i dialoghi sono piuttosto semplici da comprendere, ma non si sa mai.
A quanto pare, visto il successo di pubblico e critica ottenuto da questa prima serie, Telltale ha già confermato che svilupperà The Walking Dead Season Two.
Ovviamente day-one.

mercoledì 21 novembre 2012

A Feast for Crows

La genesi di A Feast for Crows è abbastanza contorta.
Inizialmente Martin aveva progettato di far passare un lasso di tempo di cinque anni tra gli eventi narrati alla fine del terzo libro de "Le Cronache del ghiaccio e del fuoco" e gli eventi raccontati nel quarto (che doveva intitolarsi A Dance with Dragons).
Questo consistente salto temporale doveva presumibilmente servire a delineare meglio la situazione politica dei Sette Regni e a far procedere alcune sotto-trame di importanza marginale.
Giunto a un buon punto della stesura del quarto libro, tuttavia, Ciccio-Martin si è accorto che la cosa non funzionava, di conseguenza ha deciso di fare tabula rasa e di scrivere un nuovo romanzo che facesse da collegamento tra A Storm of Swords e A Dance with Dragons.
Nacque così A Feast for Crows.
Il problema è che A Feast for Crows stava venendo troppo lungo, ergo il nostro amato scrittore trollone e barbuto ha deciso di segare via tutti i capitoli incentrati su alcuni dei protagonisti più interessanti, per poi inserirli in blocco nel libro successivo.
Insomma, il bordello!

La conseguenza di questa stesura travagliata è facilmente intuibile: A Feast for Crows è decisamente un romanzo meno interessante rispetto al suo predecessore.
L'impressione, a volte, è proprio quella di leggere un filler di oltre ottocento pagine che si concentra su archi narrativi di importanza secondaria.
Se avete letto qualcosa delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, saprete che ogni capitolo è narrato dal punto di vista di uno dei protagonisti (i cosiddetti "POV characters").
Come ho spiegato, in questo libro mancano del tutto capitoli dedicati a personaggi fondamentali come Jon Snow, Daenerys, Bran o Tyrion. Personaggi che spiace un po' non poter rivedere, soprattutto perché alla fine di A Storm of Swords ci avevano lasciati con la voglia di scoprire in che modo si sarebbero sviluppate le loro vicende.
In compenso, qui troviamo un mucchio di capitoli dedicati a POV characters secondari a cui vanno ad aggiungersi svariati volti nuovi.

Se posso dirlo, ho trovato abbastanza antipatica la decisione di Martin di buttare nel calderone così tanti punti di vista inediti: arrivati a questo punto della saga sarei stato curioso di conoscere le storie dei protagonisti a cui mi sono già affezionato, non quelle di comprimari di cui non me ne importa praticamente nulla.
E' brutto da dire, ma la sensazione è quella di avere che fare con una brodaglia allungata.
Poi per carità, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno la scelta operata dall'autore ha anche alcuni lati positivi.
Ampliando il numero di POV si contribuisce a sviluppare meglio la saga e a rendere il mondo in cui è ambientata ancora più affascinante.
In A Feast for Crows si pone attenzione su un sacco di faccende che, nei libri precedenti, rimanevano sempre sullo sfondo (vediamo per la prima volta Dorne, ad esempio). In questo senso la cosa è anche apprezzabile, il guaio è che la narrazione ne esce ancora più lenta e spezzettata di quanto fosse in precedenza.
I capitoli dedicati a personaggi di un certo spessore in realtà non mancano, ma sia gli archi narrativi di Arya e Sansa che quelli di Jaime si rivelano abbastanza noiosetti.
Per la prima volta, inoltre, sono presenti capitoli dedicati a Cersei, ma personalmente li ho trovati molto deludenti (più che altro perchè lei è odiosa ai limiti del sopportabile e il suo personaggio non riserva particolari sorprese).
Non aspettatevi inoltre colpi di scena a raffica come in A Storm of Swords, anzi.
Di fatto non accade mai nulla di rilevante fino alla fine del libro, quando in effetti avvengono un paio di eventi tutto sommato imprevedibili.

Il problema di A Feast for Crows, dunque, è proprio quello di essere un libro di passaggio.
Non è affatto brutto, ma purtroppo si limita a gettare le basi per ciò che accadrà in seguito, proponendo una narrazione sfilacciata e spalmata sui punti di vista di troppi personaggi minori, che spesso entrano in scena solo per pochi capitoli e faticano a tenere alta la soglia d'attenzione del lettore.
Il primo volume di A Dance with Dragons, da quanto ho capito, dovrebbe svolgersi più o meno in contemporanea a questo quarto libro e tornerà a concentrarsi sui protagonisti che qui sono stati lasciati da parte.
E meno male, perchè Tyrion mi manca un casino!

sabato 17 novembre 2012

Argo

Vi dirò, sinceramente non sono mai stato un detrattore di Ben Affleck.
E' vero, come attore è sempre stato un tocco di legno, ma per qualche motivo ho finito per apprezzarlo in quasi tutti i film in cui ha recitato.
Poi certo, di sicuro vorremmo tutti dimenticarci dell'atroce parentesi Daredevil, ma in quel caso non era neanche tutta colpa sua se il film era lammerda.

Da qualche anno a questa parte, inoltre, il buon Affleck si è dato alla regia, rivelando un talento tutto sommato sorprendente.
Fino all'altro giorno, in ogni caso, non avevo ancora avuto modo di saggiare la cosa personalmente, dato che non ero ancora riuscito a vedere uno dei suoi film. Capirete dunque che non sapevo esattamente cosa aspettarmi da questo suo Argo.
Di sicuro non mi aspettavo uno dei film più belli dell'anno.
Già, perché Argo è davvero una pellicola bella da far spavento.

Il film racconta una storia vera: durante la rivoluzione islamica iraniana del 1979, l'ambasciata americana di Teheran venne occupata da un gruppo di militanti. Cinquantaquattro funzionari americani furono presi in ostaggio, mentre altri sei riuscirono a fuggire, rifugiandosi presso l'abitazione dell'ambasciatore del Canada.
In gran segreto, la CIA e il governo canadese organizzarono l'operazione "Canadian Caper", vale a dire una colossale messa in scena che aveva lo scopo di trarre in salvo i sei fuggiaschi, facendoli uscire dal confine iraniano sotto falsa copertura.
Argo narra proprio la pianificazione e lo svolgimento di questa incredibile impresa. Non ho usato l'aggettivo "incredibile" a sproposito, dato che questa operazione fu per davvero una roba completamente fuori di testa. Se non si conosce assolutamente nulla della faccenda (io non ne sapevo un tubo, ammetto tranquillamente la mia ignoranza) è inevitabile che la visione del film lasci letteralmente di sasso, soprattutto se si è appassionati di cinema!
Questa pellicola rende palese l'eccezionale abilità di Ben Affleck dietro la macchina da presa.
Il ragazzotto che fino a qualche anno fa era considerato più o meno da tutti come un attore belloccio e piuttosto insopportabile, col passare del tempo è sbocciato, trasformandosi in un regista di tutto rispetto.
Argo è un film che non mostra il fianco a critiche. Solo la parte centrale, forse, è un po' troppo verbosa e lenta, ma per il resto stiamo parlando di una pellicola assolutamente epocale.

La cura per i particolari è a dir poco fuori scala. Per certi aspetti Argo sembra un film girato per davvero trent'anni fa. La ricostruzione storica è certosina e denota un'attenzione per il realismo che non è comune a tutti i film di questo tipo, basti pensare a dettagli come la fotografia sporca e lo stile registico a metà tra il documentario e il thriller anni Settanta.
Non solo, perchè spesso è addirittura la somiglianza stessa degli attori alle loro controparti reali ad essere assolutamente impressionante. Probabilmente gran parte del merito è da attribuire ai costumi e al trucco, ma il risultato è davvero notevole.
Gli attori, tra le altre cose, sono tutti straordinariamente bravi e in parte.
Monumentali in particolar modo John Goodman e Alan Arkin, ma anche tutti gli altri convincono alla grande e se ne escono con performance recitative di tutto rispetto. E mi è piaciuto pure Affleck nel ruolo di protagonista, via.

Argo è anche straordinariamente coinvolgente. Le parti più lente del film sono compensate da almeno un paio di sequenze allucinanti, capaci di trasmettere una tensione pazzesca. Nel finale la suspense mi stava letteralmente uccidendo, non scherzo.
E' comunque tutto il film ad avere un ottimo ritmo e una sceneggiatura ben scritta, caratterizzata tra l'altro da dialoghi sempre curati e brillanti.

Indubbiamente un'opera come Argo ha presa facile sul sottoscritto, a tratti mi è sembrato di vedere una cosa girata apposta per titillare i miei gusti, ma vi posso assicurare che Ben Affleck ha davvero tirato fuori un piccolo capolavoro.
Uno dei migliori film del 2012 e non solo.

venerdì 9 novembre 2012

Road to Star Wars Episode VII [#2]

Seconda parte del super-post dedicato alle mie riflessioni su Episodio VII!
Oggi, come promesso, vi dirò cosa vorrei che ci fosse nella prossima trilogia di Star Wars.
Partiamo subito, che qui non c'è tempo da perdere!

Korriban
La Valle dei Signori Oscuri così come appariva in KotOR
Il pianeta dei Sith.
Non vederlo nella Nuova Trilogia è stata una discreta delusione. E in effetti non è che i prequel siano stati particolarmente accurati nel tratteggiare le origini dei Sith, ma a questo ci arriviamo dopo.
Korriban, nell'immaginario della saga, viene sempre rappresentato come un pianeta desertico su cui sorgono le monumentali tombe degli antichi Signori Oscuri. Una sorta di Egitto fantascientifico, insomma.
Sarebbe una location affascinante e d'impatto, senza contare che potrebbe gettare le basi per sviluppi narrativi interessanti.

Un villain come si deve
Inarrivabile.
Nella Vecchia Trilogia c'era Darth Vader, che è probabilmente uno degli antagonisti migliori della storia del cinema.
Era un nemico spietato, implacabile e potentissimo. La creatura dell'Imperatore riusciva a terrorizzare anche i suoi alleati e aveva una presenza scenica pazzesca.
Bucava lo schermo ad ogni apparizione e, col passare degli anni, la sua figura è diventata un'icona della cultura popolare.
E' il personaggio simbolo di Star Wars.
Difficile tirare fuori qualcosa di meglio, infatti la Nuova Trilogia non ci ha neanche provato: in essa un villain veramente carismatico mancava del tutto!
Palpatine si rivelava solo in Episodio III e rimaneva quasi sempre nell'ombra.
Darth Maul era visivamente fighissimo, ma diceva due frasi in croce.
Dooku... Boff, Cristopher Lee spaccava, ma il personaggio era un burattino.
C'era Anakin, ok, ma alla fine nella Nuova Trilogia era più considerabile come una vittima che non come un malvagio vero e proprio.
Grievous e Jango Fett vabbè, non nominiamoli nemmeno, erano carne da cannone.
In Episodio VII, VIII e IX voglio, anzi, ESIGO un nemico principale con i contromaroni, un bastardo dalla caratterizzazione impeccabile che faccia presenza fissa per tutta la trilogia e che si riveli un avversario formidabile per i protagonisti.
Il Mourinho della situazione, insomma. 

Niente Jedi over 9000
"L'abilità di distruggere un pianeta è insignificante in confronto alla potenza della Forza!"
Ok che l'ha detto Vader, però vediamo di non prendere sempre tutto alla lettera!
Questione spinosa.
In passato ho già parlato di come la figura dei Jedi sia cambiata con il passare degli anni.
Dai saggi maestri presenti nella Vecchia Trilogia si è passati ai ninja acrobati salterini dei prequel.
La cosa ha poi preso una piega ancora più tragica nell'Expanded Universe, dove si sono visti i Jedi Super Sayan di Force Unleashed II. In questo gioco i leggendari guardiani di pace e giustizia della Vecchia Repubblica erano capaci di accartocciare caccia stellari come se fossero lattine di Coca Cola e di compiere imprese impossibili anche per gente nata su Krypton.
Visto che un ritorno ai Jedi in stile Vecchia Trilogia lo vedo improbabile, mi piacerebbe che nei prossimi film la loro "potenza" non si discostasse troppo da quella degli episodi I-III e che non si assistesse ad esagerazioni eccessive.
Insomma, farei volentieri a meno di tamarrate come Jedi che combattono utilizzando otto spade laser contemporaneamente o Sith che hanno la capacità di sparare pallettoni di energia spirituale dal potere distruttivo di una bomba Tsar.
Probabilmente è una speranza vana, ma tant'è.

Storia
L'Expanded Universe ha già provato a scavare nel passato di Star Wars, andando indietro anche di svariati millenni.
Nei film, però, la questione è diversa.
Gradirei sapere qualcosa sui Sith. Chi erano? Come mai ce l'hanno tanto coi Jedi? La loro rivalità dipende unicamente da differenze filosofiche o in passato accaddero cose che non sappiamo?
E già che ci siamo, non mi farebbe affatto schifo sapere qualcosa sulle origini della Vecchia Repubblica e dell'Ordine Jedi stesso.
Ok, i nuovi film saranno ambientati dopo Episodio VI, è vero, ma ciò non toglie che in qualche modo potrebbero far luce sul passato della Galassia di Star Wars.

Darth Plagueis e apprendistato di Palpatine
L'unica roba lasciata un po' in sospeso dall'esalogia.
Su Darth Plagueis si sa pochissimo e, volendo, la terza trilogia potrebbe fare chiarezza sulla faccenda.
Unica cosa: per carità di Dio, non fate risorgere Palpatine!

Guerre Stellari
0 ABY
No, non auspico che Star Wars torni a chiamarsi Guerre Stellari!
Magari.
A tal proposito mi chiedo: come verranno chiamati C1-P8 e D-3BO in questi nuovi film? Dovranno avere nuovamente i cacofonici nomi americani o le direttive di Lucas riguardo agli adattamenti linguistici non varranno più dopo il passaggio a Disney? Vabbè, vedremo...
Comunque sia, nella Terza Trilogia voglio rivedere proprio le "guerre stellari", cioè le battaglie nello spazio!
Nella Nuova Trilogia in pratica se ne sono viste solo due: una alla fine di Episodio I e l'altra all'inizio di Episodio III. Quest'ultima non era male, soprattutto perché dava luogo alla sequenza d'apertura più spettacolare dell'intera saga. Il problema era che, in quanto a pathos e a coinvolgimento, non era una battaglia minimamente paragonabile a quella di Yavin o a quella di Endor.
La mancanza di scontri "astronavali" con i contromaroni è a mio avviso una lacuna pazzesca per dei film che hanno le parole "Star" e "Wars" nel nome.
Stavolta voglio vedere almeno una battaglia a episodio, poche palle. E prego che sia lunga, epica e, soprattutto, che non si risolva a tarallucci e vino. Niente navi di controllo dei droidi che vengono distrutte per pura botta di culo, please.
Sì invece a piani d'attacco studiati nel dettaglio come si vedeva nei briefing dell'Alleanza Ribelle.
E voglio rivedere un ammiraglio Mon Calamari!

I Whill
Un Whill?
Si è parlato delle origini della Repubblica e dei Jedi.
In Star Wars c'è un'altra roba misteriosa che non è mai stata spiegata: i Whill.
Chi sono? Beh, è difficile dirlo, perché ufficialmente non si sa.
Diciamo che tali esseri, secondo la mitologia della saga, dovrebbero essere degli antichi sciamani particolarmente sensibili alla Forza (o almeno, ricordo che questo era ciò che traspariva dal fumetto di Revenge of the Sith). Molti sostengono che Yoda stesso appartenga alla razza dei Whill.
Nella bozza iniziale del primo film della saga, scritta da Lucas nel 1973, i Whill erano degli "osservatori" o, più precisamente, dei narratori che raccontavano la storia di Star Wars. Qualcosina di questa idea è rimasta, tanto è vero che l'opening crawl di ogni film è preceduto dalla frase "Tanto tempo fa, in una Galassia lontana lontana...".
In ogni caso, lasciando da parte tutte queste pippe mentali schifosamente nerd, dei Whill si è detto poco o nulla persino nell'Expanded Universe. Di conseguenza potrebbero essere un ottimo trampolino di lancio per costruire la storia di una trilogia.
Poi va bè, il fatto che siano un'idea di Lucas risalente alla primissima bozza del film originale non rende così scontato che vengano tirati in ballo in uno Star Wars made in Disney, anzi!

Nuova epoca
"Sugay!" [cit.]
Ok, Episodio VII si svolgerà dopo ROTJ, ma quanto tempo dopo?
Girano voci su possibili ritorni di Mark Hamill, Harrison Ford o Carrie Fisher, ma questo non vuol dire niente.
I protagonisti della Vecchia Trilogia potrebbero infatti apparire in registrazioni olografiche, holocron e quant'altro, non è detto che compaiano in carne ed ossa.
Di conseguenza Episodio VII potrebbe anche essere ambientato secoli (o millenni) dopo Il Ritorno dello Jedi.
A mio avviso, se così fosse, sarebbe la cosa migliore. Se non altro perchè mi sembrerebbe ridicolo che la Galassia si ritrovasse ad affrontare una nuova minaccia del Lato Oscuro solo pochi anni dopo la caduta di Palpatine.
Anakin morendo doveva portare l'equilibrio nella Forza, che razza di equilibrio sarebbe se pochi anni dopo scoppiasse una nuova guerra?
Discorso diverso se venissero tirati fuori nemici inediti che non c'entrano una fava con i Sith, tipo gli Yuuzhan Vong dell'EU, ma la cosa mi farebbe abbastanza ribrezzo.
 
Emma Stone protagonista
The Force is strong with her!
E vabbè, lasciatemi sognare!
 
Oltre a queste cose, ovviamente, vorrei vedere tutto quello che solitamente cerco sempre in un buon film.
Detto senza giri di parole, spero che la Terza Trilogia sappia far tesoro degli errori commessi nella trilogia dei prequel.
Le sequenze spettacolari e gli effetti visivi da mascella slogata vanno benissimo, ma per girare una pellicola che metta tutti d'accordo c'è bisogno di una buona regia, di una sceneggiatura solida, di dialoghi scritti come si deve e di una recitazione convincente.
So che sono cose banali da dire, ma, considerando certe brutture viste nella saga, direi che fa sempre bene ribadirle.

Pensare ora a tutto questo è chiaramente ridicolo, ma mi pareva carino condividere le mie speranze con voi che leggete il blog.
In ogni caso non preoccupatevi, da qui al 2015 parleremo sicuramente ancora dell'argomento e ci sarà spazio per altri post della rubrica "Road to Star Wars Episode VII".
Del resto se ho scritto tutto 'sto pippone logorroico ora che non si sa praticamente nulla, figuriamoci cosa succederà quando ci saranno a disposizione maggiori informazioni da discutere e commentare!
La vedo bruttissima!

giovedì 8 novembre 2012

Road to Star Wars Episode VII [#1]

L'acquisizione di LucasFilm da parte di Disney è stata senza ombra di dubbio una delle notizie più sconvolgenti di questi ultimi anni.
Tale avvenimento ha assunto connotati ancora più incredibili quando la casa di Topolino ha annunciato di voler produrre una terza trilogia di Star Wars che inizierà nel 2015 con Star Wars Episodio VII.
Sgomento.
Nel momento in cui tutta la faccenda è giunta alle mie orecchie sono rimasto sconvolto.
L'idea di un nuovo film della saga mi è parsa sin da subito surreale e difficile da accettare, questo perché, come tanti altri fan, consideravo l'esalogia come un'opera fatta e finita.
La storia di Anakin era stata raccontata, il cerchio si era chiuso, non restavano faccende in sospeso e non c'erano particolari buchi narrativi da tappare.
Anakin si era redento.
L'Impero era stato sconfitto.
Il bene aveva trionfato.
trollface
E invece no, la settimana scorsa tutto è cambiato con l'annuncio di Episodio VII.
Star Wars è destinato ad andare avanti, in quale direzione non si sa.
Sicuramente, col senno di poi, era plausibile pensare che la saga non sarebbe morta dopo La Vendetta dei Sith. Del resto stiamo parlando di un marchio fortissimo che vanta una fanbase di dimensioni abnormi.
Un marchio che, pur essendosi enormemente ampliato in ogni settore del mondo dell'intrattenimento, continua a basare il proprio appeal sulle sue uscite cinematografiche.
E insomma, capirete che dal punto di vista prettamente economico era prevedibile che, presto o tardi, Lucas o chi per lui avrebbe deciso di tirar fuori un nuovo film.
Da questo punto di vista è quasi un bene che il vecchio regista dalla camicia a quadrettoni si sia levato dalle palle, viste le minchiate che è riuscito a combinare negli ultimi anni. Ma soprattutto è un bene che le redini del suo impero siano passate a Disney, azienda che in tempi recenti è riuscita a tirar fuori cose abbastanza carine in ambito cinematografico.
Voglio dire, Avengers non mi pare tutta 'sta schifezza, no?
Ma al di là dei film targati Marvel, mi vengono anche in mente lungometraggi d'animazione come Rapunzel o l'imminente Wreck-it-Ralph, che pare un vero e proprio atto d'amore nei confronti del mondo videoludico.
Persino Tron Legacy, pur con tutti i suoi difetti, era visivamente eccelso e proponeva una gran colonna sonora.
E John Carter secondo me era una pellicola validissima che ha avuto la sfiga di uscire nel momento storico sbagliato.

Certo, probabilmente posso abbandonare l'idea dello Star Wars dei miei sogni. Dubito che con Disney vedrò mai un Guerre Stellari sporco e cattivo, un film di guerra nello spazio con Sith davvero spietati e battaglie veramente tese e drammatiche. Meglio invece che io mi metta il cuore in pace e che mi rassegni ad aspettare un film edulcorato, con un livello di violenza (visiva e non) in linea con gli standard cinematografici odierni.
Un pop-corn movie, insomma.
E vabbè, pazienza, tanto più che "film per tutti" non significa necessariamente "film brutto".

Come probabilmente traspare da ciò che ho scritto, non sono del tutto contrario all'idea di una terza trilogia.
Intendiamoci, inizialmente ero allibito. Ma poi, ragionandoci su e assimilando la cosa, ho iniziato a pensare che in fondo sarà bello emozionarsi nuovamente per uno Star Wars, soprattutto se si tratterà di un film all'altezza. Del resto non è che ci voglia molto impegno per tirare fuori qualcosa di meglio della Nuova Trilogia, eh, ammetiamolo!
E poi c'è un altro fatto.
I prequel, per loro stessa natura, avevano un piccolo problema: raccontavano una storia che conoscevamo già. Non nei piccoli dettagli, ovvio, ma alla fine chiunque sapeva che Anakin sarebbe passato al Lato Oscuro, che i Jedi sarebbero stati sconfitti e che Palpatine sarebbe diventato imperatore.
Episodio VII, VIII e IX saranno invece film completamenti nuovi. Per la prima volta dal 1983 andremo a vedere uno Star Wars senza avere la più pallida idea di quello che ci aspetta.
Ora, non so come la vediate voi, ma per me questa è una grandissima figata. Anche perché sono nato solo nel 1985!
Lascio quindi a Disney il beneficio del dubbio e attendo notizie più concrete.
Intanto, però, nulla mi vieta di farmi qualche pippa mentale a riguardo.
E' inutile. Nel 2015, quando rivedrò questa scritta sul grande schermo, mi emozionerò esattamente come nel 1999.
Speriamo di non rivedere Jar Jar, però.
Prima di tutto la cosa più importante: fantastichiamo sul regista.
Con Lucas fuori dai coglioni si dovrà cercare qualcuno che sappia gestire questa patata bollente.
C'è chi parla di Nolan, chi di Spielberg e chi di Jackson.
Francamente nessuno dei tre mi sembra la scelta migliore.
Nolan è bravo, ma lo vedo oggettivamente troppo lontano da quello che è lo stile di Star Wars. Scartato.
Spielberg boh, troppo legato a Lucas per quanto mi riguarda, via anche lui.
Peter Jackson non sarebbe male. Però no, nel 2015 avrà appena finito con The Hobbit e sarà scoppiato, non ce lo vedo a mettersi al lavoro su un'altra trilogia tremendamente impegnativa.
Francamente, se dipendesse da me, opterei per qualcuno di relativamente giovane e talentuoso ma non troppo conosciuto.
In questi giorni leggevo una voce di corridoio che vorrebbe Matthew Vaughn come uno dei registi più papabili. Il rumor nasce dal fatto che quest'ultimo avrebbe appena rinunciato misteriosamente alla regia del prossimo X-Men: Days of Future Past, film in uscita nel 2014.
Possibile che ci sia sotto qualcosa? Difficile dirlo.
Per chi non lo sapesse, Vaughn sarebbe il regista di Kick-Ass e di X-Men: L'Inizio, due pellicole che ho adorato. Quindi insomma, se venisse effettivamente confermato lui inizierei a tirarmi segoni a due mani già da oggi.
Altra valida alternativa, forse un po' più coraggiosa e avventata, potrebbe a mio avviso essere Josh Trank, regista di Chronicle. Giovanissimo, entusiasta e piuttosto capace. Un suo Star Wars mi stuzzicherebbe parecchio.
ENDRIU!
Ad ogni modo è troppo presto per speculare su registi e attori, in fondo di Episodio VII non si sa assolutamente nulla se non che sarà ambientato nel periodo successivo al Ritorno dello Jedi e racconterà cosa è accaduto nella Galassia dopo la caduta dell'Impero.
Di cose da approfondire ce ne sarebbero potenzialmente un sacco. Per forza di cose bisognerà deviare da quello che fino ad oggi è stato il cardine di Star Wars (la storia di Anakin Skywalker), ma ad essere sincero non mi sembra così impossibile trovare spunti per un'altra trilogia in un universo così vasto e affascinante.
La cosa più importante, a mio avviso, è che i nuovi film prendano completamente le distanze dall'Expanded Universe. Spiace, soprattutto considerando che nel post-ROTJ, oltre a tanta spazzatura, c'era anche del materiale interessante (tipo Jedi Knight e Jedi Outcast) a cui molti fan sono affezionati. Ma a dirla tutta preferisco una storia nuova, che funzioni perfettamente in ambito cinematografico, piuttosto che un adattamento di qualche libro, videogioco o fumetto.
Chiaro, qualche cosetta proveniente dall'universo espanso possono pure tenerla (pianeti, razze e quant'altro), del resto anche i prequel si rifacevano ad esso per alcune faccende, ma la storia raccontata dovrà essere completamente inedita.
Tabula rasa, che si riparta da zero.

A questo punto la domanda fondamentale è questa: cosa mi piacerebbe vedere nei nuovi Star Wars?
Ho iniziato a buttar giù un paio di cose che, a mio avviso, potrebbero essere interessanti per far proseguire la saga in maniera intrigante.
Ne parlerò nel post di domani, restate sintonizzati!

martedì 6 novembre 2012

Assassin's Creed III

Ormai è una tradizione: ogni anno, a cavallo tra Novembre e Dicembre, mi sparo con sommo gusto un nuovo episodio di Assassin's Creed!
Dubito che non riuscirei a sopravvivere senza la saga Ubisoft, ma in ogni caso mi ritrovo sempre ad attendere l'ennesimo capitolo della serie con una discreta voglia di giocarci.
L'appeal che la vicenda di Desmond esercita su di me è probabilmente dovuto alla possibilità di immergermi in un titolo che mi consente di rivivere periodi storici poco trattati nel mondo dei videogiochi.
Ecco, questo è un dettaglio che sento di dover sottolineare: pur essendo un gioco dichiaratamente mainstream, Assassin's Creed riesce comunque a proporre un'esperienza free-roaming di stampo storico interessante e a suo modo abbastanza atipica. La possibilità di girovagare per la Roma o la Firenze del sedicesimo secolo l'ho sempre vista come una roba estremamente eccitante e in grado, da sola, di far passare in secondo piano una trama che sembra sia stata scritta nel corso di una riunione tra gli autori di Voyager e Mistero. Una riunione in cui giravano svariate caraffe di sangria, tra l'altro.
Insomma, il succo del discorso è che Assassin's Creed è sì una saga fin troppo pacchiana e incapace di innovarsi, ma, alla fine, non riesco a fare a meno di volerle bene.
Promuovere lo spin-off per PlayStation Vita: you are doing it right!
Dopo le Crociate e il Rinascimento, Ubisoft ci riprova proponendo un altro contesto storico che nei videogiochi non si vede mai: la Guerra d'Indipendenza Americana. Un'ambientazione interessantissima che, almeno dal punto di vista narrativo, aveva tutte le potenzialità per sposarsi bene con le cagate complottiste tematiche trattate nella saga. Purtroppo è stato chiaro fin da subito che l'America del diciottesimo secolo non avrebbe avuto altrettanto potenziale per quanto riguarda la bellezza delle città. Inutile girarci intorno, sia New York che Boston fanno tenerezza se paragonate alla Roma di Brotherhood o alla Firenze di Assassin's Creed II.
Fortunatamente Assassin's Creed III sopperisce alla povertà urbanistica proponendo un'ambientazione naturale da mozzare il fiato: la Frontiera.
Le avventure di Connor offrono il meglio quando il giocatore decide di perdersi nei boschi e nelle foreste, dedicandosi alle numerosissime quest secondarie e cazzeggiando come se non ci fosse un domani. La Frontiera è uno scenario vasto e suggestivo che tenta di approcciare la struttura open-world della serie in maniera nuova.
In certi frangenti mi è sembrato che Assassin's Creed incontrasse la giungla di Snake Eater, mettendo però in scena un'area di gioco molto più vasta, che cambia con l'alternarsi delle stagioni e che offre possibilità ancora maggiori.
Connor è un protagonista convincente e ben caratterizzato.
La sua storia si intreccerà con la guerra tra i Continentali e le Giubbe Rosse, toccando spesso anche eventi storici importanti come il massacro di Boston o la battaglia di Bunker Hill.
L'altra grande novità di Assassin's Creed III è rappresentata dalle battaglie navali, presenti sia come missioni secondarie che, in misura minore, come missioni dell'avventura principale.
Così su due piedi mi vengono in mente solo due parole per descriverle: figata totale.
Le sezioni a bordo della nave Aquila sono senza alcuna ombra di dubbio la parte più entusiasmante di questo terzo capitolo della serie.
Prima di tutto sono graficamente imponenti: la realizzazione dell'acqua fa spavento, il moto ondoso è ricreato alla perfezione e le tempeste lasciano a dir poco basiti. Uno spettacolo puro, era dai tempi di Wind Waker che il mare videoludico non mi impressionava in questo modo.
Ma non solo, perchè queste sezioni nautiche sono pure divertentissime da giocare. Il sistema di controllo è eccellente e semplice da padroneggiare, vi posso assicurare che affondare vascelli nemici a suon di cannonate è estremamente appagante!
Verrebbe quasi da pregare che Ubisoft si concentri su uno spin-off della saga dedicato unicamente ai combattimenti tra navi. Io intanto incrocio le dita e spero in un bel DLC a tema.
Bello, bellissimo, fantastico, fregno!
Ma veniamo ora alle noti dolenti, che sfortunatamente sono numerose e di un certo peso specifico.
Insieme a tutte le belle novità introdotte, infatti, Assassin's Creed III si porta dietro anche altrettante magagne.
In Ubisoft, ad esempio, dovrebbero capire che cinque ore di tutorial non sono accettabili in un titolo di questo tipo. L'incipit di Assassin's Creed III, pur essendo abbastanza intrigante dal punto di vista narrativo, è fin troppo tirato per le lunghe. Il gioco ci mette una vita a iniziare davvero e a decollare.
Il guaio grosso è che questo era già un problema enorme in Assassin's Creed II, che era fin troppo prolisso nel tratteggiare la giovinezza di Ezio. Mi aspettavo che qui avessero un po' corretto il tiro, invece no, sono addirittura riusciti a peggiorare le cose con una parte introduttiva lentissima e che sembra non finire mai.
A proposito della parte introduttiva: preparatevi a un bel plot-twist!
L'impressione, inoltre, è che Ubisoft non sia ancora riuscita a svecchiare la sua serie come si deve. Questo terzo episodio della saga (che poi, ricordiamolo, sarebbe in pratica il quinto) è davvero fin troppo simile ai suoi predecessori e ne eredita gran parte dei difetti storici.
Il gameplay è rimasto praticamente invariato dai tempi di Assassin's Creed II. Se già Revelations vi aveva stufato, insomma, dubito che questo titolo saprà riavvicinarvi alla serie.
I combattimenti sono ancora una volta piuttosto noiosi e pasticciati, mentre il sistema di controllo è sempre fin troppo ingessato e poco reattivo, per i miei gusti. Spesso mi sono trovato a fallire clamorosamente una sezione stealth o uno degli inseguimenti perchè Connor non rispondeva in modo corretto ai miei comandi e saltava da un cornicione al posto di aggrapparsi a una sporgenza. E insomma, incappare in bestialità del genere neanche un paio di settimane dopo aver giocato a un titolo stealth dai controlli eccelsi come Dishonored non è esattamente gradevole. A peggiorare le cose, tra l'altro, ci pensano alcuni bug e glitch decisamente fastidiosi (che comunque spero vengano corretti a breve da una patch).
Non ho parlato del finale.
Curiosi di sapere come andrà a finire per Desmond e soci? Eh.
Tirando le somme, Assassin's Creed III non è il grande punto di svolta della serie che speravo.
E' invece il solito episodio a cadenza annuale, un more of the same ben confezionato ma che non aspira a farsi ricordare come capolavoro. Peccato perchè dalla sua il titolo Ubisoft ha anche delle buone idee, un'ambientazione potenzialmente ottima e una realizzazione tecnica (e artistica) di tutto rispetto.
Senza contare che le novità più importanti come le battaglie navali e l'esplorazione della Frontiera funzionano clamorosamente bene, al contrario di certe sezioni introdotte negli episodi precedenti (tipo l'atroce tower defense di Revelations o le parti in prima persona in cui si controllava Desmond, che sembravano una specie di versione cinese tarocca di Portal 2).
Insomma, se quello che si cerca è l'ennesimo Assassin's Creed non si può rimanere delusi, dato che si sta parlando di un gioco sicuramente ben fatto e coinvolgente, ma purtroppo è chiaro questa saga tornerà a slogare mascelle solo sulle console di prossima generazione.
Ammesso che la serie continui, ovvio.