domenica 31 gennaio 2010

Mass Effect 2

Dragon Age Origins era il gioco di ruolo classico portato alla perfezione.
Mass Effect 2 è invece qualcosa di totalmente diverso.
E' la rivoluzione del gioco di ruolo occidentale.
E' quello che innova.
E' il ragazzino scavezzacollo che non ha paura di intraprendere nuove e pericolose strade.

Di novità il titolo BioWare ne porta infatti svariate.
Ho già speso due parole sui combattimenti. Ora sono veramente belli e degni di un vero e proprio third person shooter.
Nel primo Mass Effect le sparatorie erano estremamente ingessate e poco stimolanti. Forse erano proprio la cosa meno riuscita del gioco.
Ora invece sono frenetiche e appaganti. Questo grazie a un sistema di mira migliorato e a un cover system eccellente. Sembrano quasi quelle di un Gears of War.

Già un combat system di questo genere potrebbe bastare ad allontanare di mille miglia Mass Effect 2 dal concetto di gioco di ruolo classico.
In realtà le differenze non si fermano qui.
E' sparito ad esempio l'inventario e addirittura il sistema di crescita dei personaggi è stato ridotto all'osso.
Ad una prima occhiata Mass Effect sembra essersi trasformato in un vero e proprio action/adventure, perdendo quasi del tutto ogni componente ruolistica di un certo rilievo.

In realtà non è del tutto vero, Mass Effect 2 possiede comunque numerosi elementi rpg che sono tuttavia ben nascosti in una struttura action.
Il gioco di ruolo insomma c'è ancora, è ben presente e influisce notevolmente sul prodotto finale. Solo che non si fa vedere, rimane un po' nascosto nell'ombra, non vuole essere invasivo.

Vi è ad esempio un sistema di potenziamento delle armi. Questi potenziamenti sono attuabili spendendo le risorse ricavate in un minigioco in cui siamo chiamati a scansionare vari pianeti inesplorati.
E a proposito di pianeti, in questo gioco c'è una vera e propria world map in versione galattica, in cui poter girovagare liberamente a bordo della nostra nave, stando attenti al consumo di carburante.

La cosa che, in ogni caso, fa ricordare che Mass Effect 2 resta pur sempre un rpg vero e proprio è il fatto che esso sia sempre e comunque un'avventura di ampio respiro, che offre svariate libertà in termini di scelte e di possibilità date al giocatore.
Le quest secondarie sono ora belle e interessanti, laddove nel primo capitolo tendevano ad essere tutte uguali tra loro.
Sono scomparse le esplorazioni di pianeti fotocopia a bordo del Mako. Ora tutte le quest secondarie presentano pianeti ed ambientazioni diverse tra loro.
Le missioni legate ai membri del proprio gruppo si rivelano in particolar modo discretamente interessanti e in grado di tener testa a quelle della quest principale.

Ma non solo. I rapporti tra i personaggi, i dialoghi, l'importanza della componente narrativa, contribuiscono a rendere Mass Effect 2 un grande gioco.
Impossibile non citare la splendida caratterizzazione dell'universo in cui è ambientato il titolo BioWare.
Ambientazioni suggestive e personaggi affascinanti creano un universo credibile e quasi plausibile esattamente come avviene sempre nei titoli BioWare.
E' impossibile non rimanere affascinati dai dialoghi, sia che questi siano epici ed emozionanti sia che riguardino discorsi più terra terra.

E' chiaro comunque che la strada intrapresa da Mass Effect 2 sia quella dell'innovazione.
I puristi del gdr classico probabilmente apprezzeranno maggiormente un titolo come Dragon Age.
Tuttavia sarebbe sbagliato affermare che questo allontanamento dalla struttura di un rpg tradizionale sia un difetto vero e proprio.
Il titolo BioWare è infatti un'esperienza che merita di essere vissuta in tutto e per tutto. Ed è qualcosa di assolutamente entusiasmante, che oggi come oggi ha ben pochi rivali.
A mio avviso la strada innovativa intrapresa da questa serie è quella giusta.
E' un tentativo di svecchiamento riuscitissimo, una miscela esplosiva di ottimi elementi presi da generi diversi.

Mass Effect 2 è un sequel che migliora il suo predecessore in tutto e per tutto, prendendone le distanze anche più di quanto ci si potrebbe aspettare, pur conservandone ovviamente lo spirito.
Secondo il parere di chi scrive ci troviamo di fronte al futuro del gioco di ruolo occidentale.

lunedì 25 gennaio 2010

:fermosi:


venerdì 22 gennaio 2010

Avatar

Non l'avrei mai detto, ma mi risulta difficile parlare di Avatar.
Commentare un film come questo, attorno al quale si era creato un hype a dir poco allucinante, è per me veramente arduo. Non so bene da dove cominciare.
Senza contare che l'ultimo film di fantascienza di James Cameron è uscito quando avevi sei anni, si chiamava Terminator 2 ed è ancora oggi uno dei tuoi film preferiti di sempre. Quindi ecco, diciamo che il ritorno di Cameron alla fantascienza ti mette una sorta di soggezione.

Partiamo dai difetti allora. Via il dente, via il dolore.
Analizzandola in modo superficiale e decontestualizzandola da tutto il resto, la storia raccontata in Avatar non sembra nulla di eccessivamente originale.
Punto.
Difetti finiti.

Come tutti sappiamo Avatar è arrivato in Italia con un mese di ritardo rispetto al resto del mondo (ringraziamo Natale a Canicattì).
Nel corso di questo mese i primi pareri hanno iniziato a farsi largo negli altri paesi civilizzati. Pareri non sempre entusiastici.
C'era ad esempio qualcuno che parlava di un film mostruosamente bello da vedere ma con ben poca sostanza da offrire.

Ora, tu potresti anche essere d'accordo nel dire che la storia di Avatar, presa di per sè, non sia la cosa più originale del mondo, ma affermare che questa pellicola sia un blockbuster tutto effetti speciali e zero contenuti secondo te è semplicemente una boiata. Anzi no, è una stronzata grossa come una casa, diciamo le cose come stanno.
Avatar è definibile come un film di fantascienza che si ispira liberamente alla storia dei nativi americani e che reca con sè con un messaggio antimilitarista ed ecologista.
E di contenuti e di messaggi da lanciare ne ha. Eccome se ne ha.

Prima di tutto prendiamo Avatar per quello che è: un blockbuster, un pop-corn movie.
Se giudicato per quello che questo genere ha da offrire, il film di Cameron fa letteralmente a pezzi tutte le produzioni degli ultimi anni.
Nulla regge il confronto, nè a livello visivo, nè a livello di coinvolgimento.
E le sensazioni che questo film ti trasmette a mio avviso non hanno paragone con nessun altro film pensato per intrattenere il grande pubblico.
Inforchi gli occhiali per il 3D, le luci si spengono, la proiezione inizia. E tu non sei più al cinema. Sei su Pandora!
Avatar avrà pure una trama "popolare", ma coinvolge. Coinvolge tanto. Ed è questo che conta.
Cameron sa commuovere, sa rapire lo spettatore come pochi altri sono capaci fare.
E' uno che gira film di evasione ok, alla fine sa fare solo quello forse, ma come li fa lui non li fa nessuno.
Il vecchio James è un regista che ti prende, ti rapisce, ti emoziona e ti commuove. E lo fa sempre. Sia che decida di raccontarti la storia di un soldato del futuro mandato a ritroso nel tempo per proteggere una donna, sia che decida di narrarti una vicenda apparentemente banale come quella di un povero cristo squattrinato che - trovatosi per una gran "botta di culo" a bordo di una nave - vive una storia d'amore impossibile con una ragazza della nobiltà.

Tuttavia uno può chiedersi da dove arrivi questo coinvolgimento, che cos'abbia di speciale questo Avatar.
E' presto detto.
Avatar ha dalla sua un mondo curato nei minimi particolari in maniera maniacale. L'universo fittizio di Avatar si trova in un futuro lontano, su un pianeta remoto, ma sembra che sia qui, davanti a nostri occhi.
E' un universo vivo, credibile.
Un mondo immaginario che sembra vero pur essendo chiaramente frutto di una fervida immaginazione.
Tutto ha un suo fascino particolare su Pandora, una bellezza che incanta.
Panorami tanto suggestivi che ti lasciano a bocca aperta, piante bizzarre, creature di un mondo lontano che non sono mai state così belle.
E poi loro, i Na'Vi: gattoni umanoidi blu, esteticamente tanto particolari quanto in un certo senso coraggiosi per come si discostano da qualsiasi tipo di stereotipo estetico. Non sono i soliti alieni che siamo abituati a vedere nei film sci-fi.
I Na'Vi sono letteralmente fantastici, una razza aliena caratterizzata splendidamente, una roba che avrei voluto vedere in un qualunque episodio della Nuova Trilogia di Star Wars.

Ma non si può parlare di Avatar senza sottolineare il suo aspetto visivo devastante.
Che non deve essere sottolineato solo per masturbarsi con tecnicismi audio/video, badate.
Gli effetti speciali in Avatar sono fondamentali.
Non solo perchè sono spettacolari, ma perchè sono il mezzo attraverso cui Cameron veicola i messaggi di questo film, proponendo così uno spettacolo visivo senza pari.
Senza gli effetti speciali, forse anche senza il 3D, Pandora non sarebbe stato lo stesso. Anzi, il coinvolgimento suscitato da Avatar non sarebbe stato lo stesso.
Un esempio terra terra?
Prendiamo i Na'Vi, ancora una volta. Sono così belli anche perchè sembrano creature plausibili. Sono animati splendidamente, anatomicamente pressochè perfetti, non hanno nulla del pupazzetto in computer grafica.
Le espressioni di Neytiri sono troppo belle per essere descritte. Senza quelle espressioni lì, senza quegli sguardi lì, col cavolo che Avatar veniva fuori uguale.
Poi ovvio, anche in Avatar ci sono le sequenze fracassone, la roba che esplode e i combattimenti da cazzo duro, ma è l'attenzione per i dettagli a colpire e a frastornare.

Avatar mi è piaciuto moltissimo insomma.
E' il primo film che deve essere visto a tutti i costi in 3D per essere gustato appieno, ma non è solo questo.
E' un film di intrattenimento di qualità eccelsa, dalle tematiche decisamente più profonde e interessanti di quanto sembra.
Poi magari non avrà l'impatto di un Terminator, ma così a caldo dico che Cameron ha tirato fuori l'ennesimo capolavoro.
Una favola fantascientifica che tutti dovrebbero guardare almeno una volta.

martedì 19 gennaio 2010

Bayonetta - pornosegretarie e videogiochi


Se tu fossi una persona seria probabilmente di Bayonetta ne parleresti malissimo.
Perchè sì dai, un gioco del genere non può che far male all'immagine del videogioco e degli stessi videogiocatori.
Riassumiamo brevemente: Bayonetta è un action game giapponese in cui interpretiamo questa strega dal look da pornosegretaria che se ne va in giro sculettando in maniera vistosa e vestita soltanto di una tutina in pelle (che poi in realtà sono i suoi capelli).
Questo titolo è pieno di richiami sessuali più o meno gratuiti. Il modo ammiccante e malizioso in cui la protagonista lecca un chupa chups è solamente uno dei tanti.
E che dire delle cutscenes poi, talmente kitsch, tamarre e sopra le righe che quelle di Devil May Cry sembrano girate da Nanni Moretti.

Insomma, 'sto gioco è probabilmente un riuscitissimo mix di tutto ciò che di ignorante e in un certo senso infantile c'è nel mondo dei videogiochi.
Roba per cui il quindicenne brufoloso medio si esalta oltre ogni limite comprensibile insomma.
Roba che a te, a cui piacerebbe che i videogiochi guadagnassero una certa dignità e che venissero considerati un passatempo adulto e maturo, dovrebbe farti incazzare.
Perchè dai, qualunque babbano non videogiocatore che vede Bayonetta non può fare a meno di inarcare il sopracciglio alla Carletto Ancelotti e chiedersi che cazzo è 'sta roba di cattivo gusto.
Insomma, dovrebbero darti fastidio tutti questi riferimenti sessuali, dovrebbe imbarazzarti il fatto che sul retro della confezione ci sia scritta una roba tipo "Mortalmente Sexy", dovrebbe schifarti tutta questa tamarraggine gratuita, questo stile così kitsch che minchia leva 'sta roba dalla console e rimetti su Dragon Age per carità.

Tu però non sei una persona seria.
Sei un videogiocatore.
Sei uno di quelli che ha giocato ad ambedue i DOAX tra l'altro, quindi non hai diritto a priori di lamentarti dei richiami sessuali di Bayonetta. Devi stare zitto proprio.
E di conseguenza alla fine non te ne frega un cazzo dello stile kitsch ed eccessivo, della mancanza di buon gusto e del fatto che la protagonista sculetti.
La cosa che ti interessa è una sola, ovvero che Bayonetta è un action game coi controcazzi, oltre che l'erede di Devil May Cry e uno dei pochi capolavori indiscussi che i giapponesi hanno sfornato in questa generazione di console.
Ciò basta e avanza per fartelo adorare.
Che se ci pensi bene tutti gli action game degni di nota hanno uno stile un po' tamarro e pacchiano: da Devil May Cry fino a Ninja Gaiden 2, che propone tra le altre cose le tette controllabili coi sensori di movimento. Che classe!
Per non dimenticare God of War con il suo protagonista spartano in salsa niggah!

E poi lo stile di Bayonetta, dopo i primi attimi di perplessità, alla fine ti convince.
Sicuramente non sarà elegante, sicuramente resta un po' volgarotto, sicuramente è roba per adolescenti in tempesta ormonale. Ma cazzo, va bene così.
Perchè in realtà Bayonetta di Stile con la "S" maiuscola ne ha da vendere. Il fatto è che è uno stile così barocco e volutamente trash che a molti, a una prima occhiata distratta, potrebbe risultare indigesto.
A una prima occhiata sì, perchè se ci giochi per un po' capisci che Bayonetta è un titolo talmente sopra le righe, privo di freni inibitori, intriso di ironia e giapponese nel profondo che finisce per essere irresistibile.
E' il trash che piace insomma. Quella roba che magari di per sè troveresti esteticamente e stilisticamente ributtante. Ma messa così, confezionata così, finisce per essere figa.

Che poi detto fra noi, cosa cappero stiamo qui a lamentarci dello stile discutibile di un gioco come Bayonetta quando in Dante's Inferno c'è Beatrice con le pere di fuori?
No, dico, Beatrice!
E Dante se la scopa pure!
Che a un certo punto ti vien da dire anche "Minchia era ora!"

sabato 16 gennaio 2010

Animatrix

Cos'è Animatrix?
Animatrix è probabilmente la cosa migliore che la saga di Matrix abbia partorito.
Non che i due seguiti del primo Matrix siano poi così da buttare come si dice in giro, eh!
Al contrario di quel che dicono più o meno tutti quanti, trovo che Reloaded sia un ottimo seguito che propone tra le altre cose parecchie riflessioni tutt'altro che banali.
Revolutions era già un film forse meno interessante, ma c'è da dire che pure lui aveva i suoi bei momenti e come blockbusterone ci stava dentrissimo.
Ad ogni modo, pochi cazzi.
Il primo episodio della trilogia resta comunque su un altro piano, c'è poco da fare.
All'epoca ebbe un impatto a dir poco scioccante, facendo capire fin da subito che ci si trovava davanti ad uno dei film di fantascienza più belli di sempre.

Animatrix tuttavia non è un film, bensì una raccolta di cortometraggi animati ispirati all'universo di Matrix e diretti da alcuni notevolissimi nomi dell'animazione giapponese.
La cosa meravigliosa è che ognuno di questi cortometraggi è disegnato con uno stile tutto suo.
Si và dalla computer grafica de L'Ultimo Volo di Osiris allo stile graffiante di Kid's Story, fino ad arrivare al lisergico Matriculated.

Ognuno di questi corti racconta una breve storia inerente al mondo creato dai Fratelli Wachowski.
Ogni cortometraggio è slegato dall'altro, spesso anche per tipo di narrazione oltre che di scelte stilistiche.
La trama di alcuni è direttamente collegata a quella dei film.
L'Ultimo Volo di Osiris funge praticamente da prologo agli eventi di Reloaded ed è a mio avviso il corto meno interessante della raccolta.
Kid's Story d'altro canto introduce un personaggio che poi diventerà importantissimo sia in Reloaded che in Revolutions.
Spesso invece si parla di roba che con gli eventi raccontati nei film non ha nulla a che fare.
Pigliamo Beyond, che parla dei bug della matrice, o Detective Story, praticamente un racconto noir.
Poi c'è Il Secondo Rinascimento, un vero e proprio mockumentary che narra di come le macchine presero il controllo del pianeta sottomettendo l'umanità.
Si tratta di un assoluto gioiello, sia per impatto visivo che per il numero di citazioni storiche che contiene.
Il jappo che si è occupato di questo corto è d'altronde Mahiro Maeda, collaboratore di Miyazaki e regista della storia di O-Ren Ishii in Kill Bill vol.1.

Insomma, consiglio vivamente la visione di Animatrix a tutti gli appassionati della trilogia cinematografica, ma anche e soprattutto a tutti quelli che ritengono che dopo il primo Matrix questa saga abbia saputo sfornare solo cacca. Potrebbero ricredersi.

giovedì 14 gennaio 2010

Knocked Up

Knocked Up (no, l'orrido titolo italiano non lo uso) è una commediola spassosa, uno di quei film da Domenica pomeriggio che mi piacciono tanto per staccare un attimino il cervello.
Il regista è Judd Apatow, lo stesso di 40 Anni Vergine, a mio avviso una delle commedie americane più riuscite degli ultimi anni.
Leggevo tra l'altro su wikipedia che inizialmente Knocked Up doveva essere una specie di spin-off del film con Steve Carell, ma successivamente si è trasformato in una cosa a sè.

Knocked Up racconta la storia di questo ventitreenne fancazzista e un po' nerd interpretato da Seth Rogen che, dopo una serata etilica di quelle putenti, finisce per mettere incinta una giovane ragazza in carriera.
Premessa abbastanza canonica quella della gravidanza non programmata. Cheppalle, verrebbe da dire.
In effetti Knocked Up segue tutti i clichè tipici delle commedie romantiche fino ad arrivare al banale happy ending.
Ad ogni modo nulla di grave.
Come dico spesso l'importante non è tanto cosa viene raccontato, ma il modo in cui qualcosa viene raccontato.

E non c'è niente da fare, Knocked Up fa morire dal ridere nonostante qualche sviluppo abbastanza prevedibile.
Ci sono un po' tutti gli ingredienti per fare una bella commedia, insieme a dei dialoghi esilaranti e a personaggi riusciti.
Carini anche alcuni riferimenti nerdosi che mi hanno discretamente ribaltato ("Devi intervistare Matthew Fox? Quello di Lost?! Digli che è un coglione da parte mia!").

Judd Apatow continua ad essere insomma un regista discretamente abile, capace di tirar fuori dal cilindro film stupidotti, ma allo stesso tempo divertentissimi, che sono probabilmente il concentrato di tutto ciò che dovrebbe offrire una bella commedia americana.

martedì 12 gennaio 2010

Dragon Age: Origins

Dragon Age è il nuovo rpg dei tizi di BioWare, già famosi su questo blog per aver inserito in un videogioco una scena di sesso con un'aliena dalla pelle blu.
Scena che ovviamente scandalizzò l'opinionista ringoglionita americana di turno.

Scandali a parte, rinfreschiamo la memoria ai più distratti: il videogioco in questione era Mass Effect, ovvero uno dei titoli più belli usciti in questa generazione di console.
Prima ancora i ragazzi di BioWare avevano sviluppato Knights od the old Republic, colossale rpg basato sull'universo di Star Wars che ho inserito anche tra i migliori giochi degli anni 2000.

Tuttavia, poco tempo prima di gettarsi a capofitto nel mondo della fantascienza, BioWare sguazzava allegramente nel fantasy classico alla Tolkien. Quello con nani, elfi, maghi, guerrieri con spadoni a due mani, orchi e interisti, tanto per intenderci...
BioWare diede infatti i natali a Baldur's Gate I e II, titoli basati sulla licenza di Dungeons & Dragons e sul mondo dei Forgotten Realms.
I due Baldur's Gate sono tra i migliori giochi di ruolo occidentali mai visti. Roba che i gli rpg truzzi giapponesi devono andare proprio a nascondersi se li metti a confronto, eh!

Ora, chiedo scusa per la "breve" lezioncina di storia che effettivamente serve a poco o un cazzo, ma ho usato tutto questo giro di parole perchè volevo arrivare appunto a Baldur's Gate.
Essì perchè Dragon Age è, a detta di un sacco di gente che ne sa più di me, un po' l'erede spirituale di Baldur's Gate.

Parliamone, che tanto stasera non c'ho sonno.
Ce ne sarebbero di cose da dire, vista la quantità carne al fuoco che offre questo ultimo lavoraccio BioWare.
Effettivamente era da un po' che non vedevo un rpg di questa caratura.
Ho amato Fallout 3, in misura minore mi piaciucchiò anche Oblivion, ho spolpato Mass Effect, ma le sensazioni che mi sta trasmettendo Dragon Age hanno un sapore tutto particolare.

Stiamo parlando di un gioco di ruolo tradizionale, a partire dall'ambientazione, che più classica di così veramente non si poteva.
La prima cosa che colpisce è la cura riposta nella ricostruzione del mondo in cui è ambientato il gioco, stavolta completamente inedito e non più legato alla licenza di Dungeons & Dragons.
Ogni singola cosa che troverete ha la sua storia da scoprire, ogni minchiatina ha il suo background ben definito, i curiosi troveranno veramente pane per i loro denti.
Usi, costumi, religioni, riferimenti storici, leggende. Tutto viene raccolto nella voce "Codex" del menu ed è liberamente consultabile dal giocatore più nerd.
Dragon Age è un titolo massiccio da questo punto di vista.
L'universo che offre è pulsante, vivo e credibile, impossibile non rimanerne affascinati.

La stessa cura si trova anche nei dialoghi: tanti, ben scritti e sempre interessanti.
Perfino la storia si lascia seguire con piacere, non tanto per la particolare originalità della stessa, ma più che altro poichè Dragon Age è un gioco di ruolo che offre delle scelte che cambiano radicalmente la vostra partita a seconda del modo in cui agirete.
Quindi c'è la curiosità di proseguire, c'è la voglia di "creare" questa storia da sè, plasmandola con le proprie azioni quest dopo quest.
Ci sono veramente un sacco di possibilità.
Gente che è vostra alleata potrebbe divenire d'un tratto vostra nemica se direte la cosa sbagliata. Ditelo a me che sono stato attaccato dalla mia guaritrice solo perchè le avevo dato una risposta da cazzone per compiacere un'altra strega darkettona troia e potermela così bombare.
Giocando a Dragon Age c'è sempre la sensazione di avere una libertà decisionale immensa.
Ogni quest può concludersi in svariati modi a seconda di come vi comporterete. E ovviamente ci saranno sempre delle conseguenze di cui bisognerà tener conto.

Detta così parrebbe una gran figata sotto tutti gli aspetti.
E in effetti lo è.
Di fatto l'unico problema di Dragon Age è quello di essere ancorato a un concetto di tradizione ruolistica che a qualcuno potrebbe sembrare un po' troppo di vecchia scuola oggigiorno.
La profondità di Dragon Age si riflette infatti anche nel sistema di combattimento e nel sistema di sviluppo dei personaggi, curato e dalle mille sfaccettature tattiche.
Dragon Age è anche in grado di offrire un buon livello di sfida, soprattutto se si gioca a livelli di difficoltà elevati (questa può essere cambiata a partita in corso).
Vincere gli scontri non sarà sempre facile e giocare Dragon Age oltre il livello normal richiede parecchia materia grigia per pianificare i combattimenti come si deve ed evitare di essere piallati dai primi mostri con cui incrociamo le spade.
Roba per intenditori del gioco di ruolo tradizionale, che magari sono un po' schifati dalla deriva eccessivamente action e semplificata che stanno seguendo molti rpg odierni. Nulla a che vedere col pigia-pigia di un Fable 2 (che tra l'altro proponeva uno dei combattimenti finali più ridicoli della storia).

Insomma, bisogna dirlo: se il genere vi interessa, Dragon Age è un gioco da provare a tutti i costi. Per console poi non credo che esista nulla di lontanamente paragonabile a questo rpg.
Occhio però, perchè come tutti i titoli di questo tipo può trasformarsi in una specie di droga se vi fate pigliare bene.
Ho paura a controllare quante ore ci ho giocato lo scorso week-end, cazzo.

Note a margine:
- Lo sto giocando su XBOX 360 perchè io e il PC non andiamo d'accordo, ma non fate cazzate e non seguite il mio esempio: compratelo per PC. Prima di tutto perchè l'interfaccia è moooolto più comoda, in secondo luogo perchè nella versione PC è possibile utilizzare una visuale a volo d'uccello. Il che è utilissimo per gestire meglio certi combattimenti che con la visuale da dietro le spalle appaiono oltremodo confusionari.
- Nel vostro party verrà arruolato anche il cane del protagonista. Un bestione di duecento chili, un boxer sotto steroidi in grado di fracassare il cranio a un grizzly con una zampata. Potrete dargli il nome che vorrete. Al mio ho dato un nome cazzutissimo e cattivissimo: Briciola.
- Anche in 'sto gioco si può trombare. Mi sono già schiacciato la strega darkettona Morrigan e la ladra Leliana, che è pure una rossa tanto per la cronaca. Adesso tocca all'elfo omosessuale Zevran. Non guardatemi così, la cosa non è che mi attiri, ma mi sblocca un achievement se lo faccio! Dura la vita del gamerscore addicted...
- Graficamente Dragon Age non è tutta 'sta gran roba, ma onestamente con tutta la ciccia che c'è attaccata ce ne fotte davvero qualcosa?

lunedì 11 gennaio 2010

Io, loro e Lara

Sembra proprio che la commedia italiana sia allo sbando, ridotta com'è a cinepanettoni tutti uguali tra loro che fanno della volgarità gratuita il loro cavallo di battaglia.

Natale di qui, Natale di là, l'anno prossimo probabilmente ci dovremo sorbire un Natale in 3D, come ha profetizzato il buon Rikky.

Le stesse gag, le stesse coppie che si cornificano e si riappacificano, le solite battute trite e ritrite, le stesse vaccone che fanno vedere mezza tetta per la gioia dell'italiano medio che va al cinema una volta all'anno a vedere film di merda e che poi si lamenta perchè "Eeeh, non li fanno più i film di una volta!".
Cose così insomma.

Per una volta però mi trovo a spezzare una lancia a favore di una commedia italiana.
Essì perchè Io, loro e Lara, l'ultimo film di Verdone, è proprio un filmetto carino. Sorpresa, sorpresa.
Cioè, oddio, sorpresa mica tanto, visto che si sa che Verdone è di tutt'altra pasta rispetto alla gente che si trova nei cinepanettoni.

Io, loro e Lara è un film che non punta sulla volgarità per far ridere.
Punta più che altro sulle situazioni che si vengono a creare, sulle interazioni tra i diversi personaggi.
Verdone interpreta un credibilissimo missionario in crisi spirituale che - ritornato a Roma dall'Africa - si trova alle prese con i piccoli grandi casini di una famiglia italiana.
Perfino il resto del cast è decisamente in parte, anche se in questo caso i personaggi appaiono più stereotipati e meno approfonditi rispetto a quello di Verdone o della coprotagonista Laura Chiatti.
A proposito, bravina anche Laura Chiatti, ma c'è da dire che tra tutti è forse quella che mi ha convinto meno in quanto a capacità recitative.

Come accade spesso nei film di Verdone, non mancano i riferimenti ad alcune tematiche di attualità.
C'è il vecchietto che si sposa la badante, gli adolescenti emo, le brave ragazze africane che una volta giunte in Italia finiscono per prostituirsi. In un dialogo viene buttato dentro perfino un riferimento alla questione Chiesa e preservativo.
Verdone si dimostra insomma un attento osservatore; uno che, come ho detto, è capace di creare comicità semplicemente per il modo in cui racconta una determinata situazione.

Nulla di eccessivamente ricercato o intellettuale, ovvio, ma se c'è una cosa che apprezzo dei film di Verdone è il fatto che riescano a capottarti più per una frasetta detta nel momento giusto e con la giusta intonazione che per una battutaccia fine a sè stessa.

Un tipo di comicità intelligente insomma, che si basa sui tempi comici e sui dialoghi e che non risulta mai sbroccata o volgare.
Che poi intendiamoci, puntare sulla volgarità per far ridere non è di per sè un male. Molti film americani lo fanno alla grande ad esempio.
Il problema è che i film italiani lo fanno troppo spesso e in più lo fanno male.
Insomma, ogni tanto è bello vedere che nel cinema italiano esiste ancora una comicità diversa da quella dei cinepanettoni.

sabato 9 gennaio 2010

Sherlock Holmes

Filmetto piacevole questo Sherlock Holmes.
C'è veramente poca roba da dire.

Si sta parlando di un film di intrattenimento da periodo natalizio che, sebbene non rimarrà certamente nella storia del cinema, alla fine ci sta dentro.
Dubito che ci ricorderemo di questa pellicola in modo indelebile negli anni a venire, ma chissenefrega.

Perchè Sherlock Holmes intrattiene in maniera simpatica e spensierata per un paio di orette, che poi è esattamente l'unica cosa che questo genere di film dovrebbe saper fare bene.
Propone anche un duo di protagonisti affiatati e discretamente in parte.
Ottimo come al solito Robert Downey Jr, nei panni di un Holmes bohemienne un po' cinico, un po' gigione e un po' bullo di periferia.
Davvero convincente anche Jude Law nei panni di Watson, che proprio non ci sta a fare semplicemente da spalla.

Lo Sherlock Holmes di Guy Ritchie è una reinterpretazione postmoderna e steampunk del personaggio di Conan Doyle, un Holmes quasi fumettoso che non disdegna un po' di azione e che spesso condisce le sue investigazioni con qualche sana scazzottata che possa sollazzare un pubblico da pop-corn movie.

Un filmetto davvero carino insomma, leggero, senza troppe pretese, con una storia piacevole e qualche gag che sa strappare un sorriso.
Niente di eclatante, ma va bene così.
Difficile esigere di più da un film natalizio.
Pollice alzato.

giovedì 7 gennaio 2010

Most Wanted 2k10

Dieci cose attese per il duemiladieci!
In ordine di arrivo - più o meno - e non di importanza.

1) Avatar, per capire finalmente le potenzialità del cinema 3D.
2) Mass Effect 2
3) Lost - Sesta Stagione (manca meno di un mese!!!)
4) L'Inter che viene scopata fuori dalla Champions
5) Invictus, il nuovo film di Clint Eastwood
6) Final Fantasy XIII (scusatemi, è più forte di me)
7) Iron Man 2, unico film sui super eroi marvel che vale ancora la pena di attendere
8) Mondiali di Calcio a Villaguardia
9) Super Mario Galaxy 2, fottesega se è solo more of the same
10) 'Sto cazzo di Zelda cyberpunk

A parte l'ultimo punto - che è un po' un'utopia - direi che ci aspetta un annetto discretamente interessante.

martedì 5 gennaio 2010

DJ Hero

DJ Hero è una figata.
Dico sul serio, non esiste un termine più azzeccato per descrivere questo rhythm game.

Già il fatto che ci siano i Daft Punk potrebbe bastare a catapultare questo titolo nell'olimpo videoludico, ma in realtà le qualità di DJ Hero vanno ben oltre la presenza del duo di musicisti parigini.

Cioè, intendiamoci, i Daft Punk erano per me il principale motivo per cui dovevo recuperare a tutti i costi questo gioco, tuttavia bisogna dire una cosa: la tracklist di DJ Hero è letteralmente una roba da spavento per quanto è bella.

Pochi cazzi, la qualità delle tracce da mixare è impressionante e riesce a far venire l'acquolina in bocca anche a chi magari non nutre eccessivo interesse per questo genere di musica.
C'è veramente un sacco di bella roba, da Eminem ai Black Eyed Peas, da Jay-Z ai Queen, da Benny Benassi ai Weezer, dai Tears for Fears ai Motorhead (giuro).
Tutti i vari brani presenti sono combinati tra di loro andando a formare novantaquattro remix uno più bello dell'altro.

A questa tracklist da orgasmo si aggiunge il fatto che DJ Hero è veramente meraviglioso da giocare.
La periferica "piatto" è semplice ma ben studiata. Dopo un attimo di perplessità iniziale ci si ritrova a scratchare e a smanettare col cross-fader come dei dannati, divertendosi un botto.
E' una giocabilità più macchinosa rispetto a quella di Guitar Hero, certo, ma francamente pensavo di trovare maggiori difficoltà.

DJ Hero è in fin dei conti un rhythm game massiccio che qualunque (e sottolineo qualunque) appassionato di musica dovrebbe provare, se non altro per ascoltare la tracklist sbrodolosa che offre.
E poi i DJ rimorchiano un casino, quindi non rompete le palle.

domenica 3 gennaio 2010

Gran Torino

Si trova un po' di tutto in Gran Torino.
Cè lo scontro tra due generazioni diverse, ma anche lo scontro tra due culture diverse. Due tematiche che convergono in un messaggio antirazzista, divenendo più un "incontro" che uno scontro.
Ma c'è anche il tema della vecchiaia in Gran Torino, affrontato da un regista che giovane non lo è più da un pezzo.

Clint Eastwood riesce ancora ad essere un attore e un regista formidabile, capace di portare sul grande schermo un personaggio favoloso.
Il suo Walt Kovalski è un vecchio vedovo rude, burbero e scontroso. Ha un pessimo rapporto con tutti, figli compresi, ma soprattutto, essendo un veterano della guerra di Corea, non può assolutamente sopportare quelli che lui chiama "musi gialli". Il che, considerando che vive in un quartiere di asiatici, lo porta a un perenne stato di solitudine.

La vita di Walt cambia improvvisamente quando si intreccia con quella Thao, un ragazzino che viene tormentato da una gang della zona.
Gran Torino diventa così anche un film di formazione che racconta l'amicizia che si forma tra un vecchio burbero americano e un ragazzo asiatico impacciato.
Un'amicizia che inizialmente stenta a nascere, frenata com'è dai pregiudizi e dall'intolleranza di Walt, ma che poi diviene salda e forte grazie alla stima e al rispetto reciproco. E, forse, grazie al fatto che Walt e Thao riescono ad aprirsi e a conoscersi per davvero, imparando qualcosa l'uno dall'altro.

Gran Torino è un alternarsi di momenti di tensione e di momenti più leggeri.
E' un susseguirsi di dialoghi uno più bello dell'altro, di momenti toccanti, di scene che non si dimenticano.
Ogni personaggio è riuscitissimo e per nulla banale. Da Walt fino ad arrivare al prete appena uscito dal seminario; o a Sue, la sorella di Thao, assolutamente affascinante per come è stata caratterizzata.
Persino i personaggi minori, quelli che sono un po' delle macchiette come il barbiere italiano o gli stessi membri della gang coreana, riescono ad essere indimenticabili grazie ad alcuni scambi di battute memorabili.

E poi arriva quel finale lì.
Un finale bellissimo, non banale e probabilmente anche abbastanza inaspettato.
Un vero e proprio anticlimax che stordisce, rattrista, ma che infonde anche un bizzarro senso di serenità ritrovata.

Gran Torino è stato forse il film del 2009 che mi è piaciuto di più.
E' una di quelle pellicole che vedrei e rivedrei migliaia di volte senza stancarmi e che dopo la visione mi lasciano dentro quello strano e indefinibile non so che.
Insomma, non consiglio semplicemente di vederlo: consiglio di assaporarlo.
Grande Clint.

venerdì 1 gennaio 2010

I migliori dieci giochi degli anni 2000

Avevo una mezza idea di scrivere un mega-post pieno di seghe mentali sul decennio appena trascorso, ma poi mi sono reso conto che non era il caso.
Che probabilmente avrete ancora tutti sullo stomaco il cenone di ieri sera e non avrete voglia di riflessioni troppo impegnate.

Discorso simile per un post listone sui fatti/eventi/cose da ricordare.
C'è troppa roba da dire, alla fine gli anni doppiozero sono stati il decennio in cui sono cresciuto e in cui ho scoperto il grosso del mondo in cui vivo, avrei dovuto scrivere una mezza divina commedia.
E poi di 'sti listoni alla fine non gliene frega un tubo a nessuno.

Quindi ho deciso di puntare su qualcosa di più specifico.
I migliori dieci videogiochi degli anni 2000!
Ah, piccola precisazione: tutte le posizioni sono intercambiabili a seconda di come vi gira. Come al solito sul mio blog non siamo troppo fiscali.

1) Half-Life 2 [PC]
2) Shenmue 2 [XBOX]
3) Metroid Prime [Gamecube]
4) Grand Theft Auto 3 [PS2]
5) Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty [PS2]
6) Super Mario Galaxy [Wii]
7) Star Wars: Knights of the Old Republic [XBOX]
8) Shadow of the Colossus [PS2]
9) REZ HD [XBOX 360]
10) Resident Evil 4 [Gamecube]

Outsiders:
Animal Crossing, Burnout 3, SSX, i vari PGR, i Call of Duty, Little Big Planet, Guitar Hero, Rock Band, i seguiti di Halo e tanti tanti altri. Per non parlare dei PES cazzo, i PES!!!

Ovviamente è una lista del tutto personale, che probabilmente col passare degli anni potrebbe anche subire qualche variazione.
Però, grossomodo, penso che questi saranno dieci giochi che negli anni a venire mi faranno tornare in mente un sacco di ricordi del decennio appena passato.
Un decennio che, nonostante tanti casini, rimarrà per me indimenticabile.