martedì 25 settembre 2012

Darksiders II

Non avevo mai giocato al primo Darksiders, ma sapevo bene o male cosa aspettarmi da questo seguito.
Il suo predecessore, uscito nel Gennaio 2010, è infatti passato alla storia come un riuscitissimo clone di Zelda graziato dal character design curato da Joe Madureira e da un'interessante ambientazione a metà tra il fantasy e il post-apocalittico.
Era un gioco di cui avevo letto bene in ogni dove, di conseguenza la mia curiosità mi ha spinto a buttarmi sul sequel non appena è uscito, con la promessa di recuperare prima o poi anche il primo episodio.

Questo Darksiders II, a discapito del titolo, non è un seguito diretto ambientato cronologicamente dopo gli eventi del primo Darksiders. E' più una side-story.
In esso seguiremo infatti le vicende del cavaliere dell'Apocalisse Morte, intento a trovare un modo per scagionare suo fratello Guerra (il protagonista del prequel), accusato di aver provocato la fine dell'umanità anzitempo.
Descritte così le premesse sembrerebbero anche fregne, ma purtroppo il comparto narrativo di Darksiders II lascia molto a desiderare.
La storia non decolla mai e quasi sempre, portando a compimento missioni principali e quest secondarie, si ha l'impressione di svolgere compiti di routine, senza sentirsi mai veramente coinvolti.
Ora, non so se ciò sia dovuto anche al fatto di non aver mai giocato al primo episodio, ma ho davvero trovato la narrazione di Darksiders II appassionante come la lettura di un elenco telefonico.
Fortunatamente, se il titolo THQ fallisce miseramente nel voler proporre una storia capace di entusiasmare, vince a mani basse per quanto riguarda il gameplay duro e puro.
Il gioco, come detto in precedenza, ha sostanzialmente la struttura di uno Zelda: ci sono dungeon, tantissimi enigmi, qualche boss-fight discreto e numerosissime quest secondarie da completare.
I dungeon di Darksiders II presentano un ottimo level design e, non di rado, buttano là idee in grado di stamparti un sorrisino divertito sulla faccia.
Certo, il più delle volte si tratta di idee derivative, elementi di gameplay che non solo vengono pescati a piene mani dalla saga creata da Miyamoto, ma anche da altri titoli di successo che evito di elencare per non spoilerarvi nulla.
Ma è proprio il modo in cui questi elementi sono utilizzati e amalgamati tra loro a rendere Darksiders II un'esperienza videoludica assolutamente gratificante.
Forse si poteva fare qualcosina di più per quanto concerne la parte GDR (Morte è potenziabile con nuove abilità, armi ed armature come accade nei giochi di ruolo) e, soprattutto, si poteva cercare di implementare un combat system meno rudimentale, ciononostante Darksiders II si lascia giocare con piacere.

Il titolo THQ compensa dunque una narrazione caracollante con un gameplay piuttosto solido.
Il risultato è un gioco di avventura come se ne vedono pochi di questi tempi, un bel videogiocone capace di tenere impegnati per parecchio di tempo.
Forse anche troppo tempo, considerando che per completare solo l'avventura principale ci vogliono ben più di venti ore, ore che sono destinate a superare agevolmente le trenta nel caso si decida di completare anche le missioni secondarie.

In futuro recupererò sicuramente anche il primo episodio, che mi dicono tra l'altro essere meno prolisso e con una storia più avvincente.

lunedì 24 settembre 2012

One Piece Pirate Warriors: la recensione, la Collector's Edition, la guerra contro il Male

E' uscito anche in Italia One Piece Pirate Warriors, il musou interamente dedicato all'epica epopea di Rufy cappello di paglia.
Il sottoscritto, da buon fan allo stadio terminale del manga di Eiichiro Oda, si è ovviamente accaparrato la Collector's Edition.
Ultimamente (diciamo da almeno un paio d'anni a questa parte), le edizioni speciali le evito come la peste, principalmente perchè in casa mia non ho praticamente più spazio per metter roba.
Ma in questo caso dovevo fare un'eccezione.
Per forza.
Il gioco mi è arrivato oggi, di conseguenza non l'ho ancora provato, ma se volete farvi un'idea sulla qualità di questo titolo piratesco vi invito a leggere la recensione scritta dal buon Nab, che ormai è diventato una colonna portante di Outcast.it.

Ma parliamo un attimo del contenuto di questa Collector's Edition.
In realtà non è che ci sia dentro molto. Anzi, l'unico plus, rispetto al gioco liscio, consiste in un modellino della Thousand Sunny!
Un modellino che, bisogna dirlo, è un po' una cinesata, ma che comunque, piazzato tatticamente su una mensola, fa la sua porchissima figura.
 
Non male, dai.
Senza contare che, pur leggendo io One Piece dal remoto Luglio 2002, fino ad oggi non mi ero mai portato a casa nemmeno un gadget tratto dal manga di Oda.
Ma proprio niente, eh. Neanche un portachiavi a forma di Chopper, per dire.
E poi la gente ha anche il coraggio di darmi del nerd, pensate un po'!
Quindi insomma, direi che non potevo lasciarmi scappare l'occasione di far entrare in "casa Teo" un modellino della Sunny.

E poi c'è un'altra roba.
Una roba che, leggendo solo il manga, non avevo mai notato.
Un dettaglio minuscolo, sicuramente fortemente voluto da Oda stesso, un dettaglio che dimostra ancora una volta l'incommensurabile grandezza di One Piece.
Guardatela la Sunny, guardatela bene.
E sicuramente noterete che una delle vele...

... Ha i colori delle FORZE DEL BENE!
Ebbene sì.
I Mugiwara sono milanisti!

giovedì 20 settembre 2012

To the Moon

Come spesso capita quando mi approccio ai titoli indie semisconosciuti, non sapevo quasi nulla di questo To the Moon prima di vederlo comparire nello store di Steam.
La cosa che mi ha spinto ad acquistarlo è stata la sua premessa narrativa che, così a caldo, mi ricordava una specie di incrocio tra Vanilla Sky, Inception ed Eternal Sunshine of the Spotless Mind.
Il gioco, presumibilmente ambientato in un futuro imprecisato, ruota intorno alle vicende di due dottori, Rosalene e Watts, che svolgono un lavoro molto particolare: utilizzando un apposito macchinario, i due sono in grado di realizzare virtualmente l'ultimo desiderio di una persona in punto di morte.
Collegando il "cliente" a questo dispositivo i medici sondano i suoi ricordi e, con i dati ottenuti, creano una sorta di "memoria alternativa" in cui il paziente realizza il proprio sogno.
In To the Moon i due dottori si trovano ad aiutare Johnny Wyles, un anziano malato che desidera appunto andare sulla luna prima di morire. Il problema è che nemmeno lui sa perchè vuole farlo.
Rosalene e Watts dovranno quindi andare a ritroso attraverso i ricordi di Johnny, cercando di scoprire il motivo di questo suo bizzarro sogno, cosa fondamentale affinchè possano costruire una sequenza di memoria alternativa.

Fortunatamente la storia di To the Moon non si limita ad essere intrigante e poetica soltanto nelle premesse, ma anche nello sviluppo.
Il titolo sviluppato da Freebird Games è infatti una delle esperienze interattive più belle e commoventi che mi sia capitato di provare. Verso il finale, non lo nascondo, ero in preda al magone brutto, quello che ti prende quando guardi un film che ti commuove e ti riduce come una tredicenne dalla lacrimazione facile.
Poi oh, probabilmente sono io ad essere una fighetta, ciò non toglie che To the Moon sia un'opera assolutamente toccante.

Ciò che bisogna tenere in considerazione è che To the Moon non è da considerarsi propriamente un "videogioco". E inoltre attenzione, perchè il suo stile grafico potrebbe trarre in inganno anche sul suo genere.
La grafica adottata richiama infatti quella dei gloriosi GDR giapponesi a 16 bit (in particolar modo Chrono Trigger), non per niente il gioco è stato realizzato con RPG Maker. Ciò potrebbe lasciar supporre che anche To the Moon sia un gioco di ruolo, cosa che in realtà non è.
Il titolo Freebird Games è più che altro un racconto interattivo.
In esso non c'è nessuna delle caratteristiche proprie dei JRPG, anche perchè il gameplay è praticamente inesistente.
Tutto ciò che il giocatore è chiamato a fare è girare per gli scenari seguendo la storia e interagire con i pochi elementi che mandano avanti la trama. Solo per passare da un ricordo all'altro si è chiamati a risolvere qualche enigma, ma si tratta per lo più di robetta semplice che si risolve in quattro e quattr'otto.

Il fulcro di To the Moon è il suo essere un'esperienza narrativa.
Un'esperienza narrativa che, come detto, propone una delle storie migliori che siano mai state raccontate in un videogioco in tempi recenti.
Non solo, perchè a mio avviso lo stile grafico essenziale a 16 bit contribuisce paradossalmente ad esaltare ciò che viene raccontato. I personaggi pixellosi riescono a far trasparire emozioni e sentimenti senza bisogno di avere volti super dettagliati o animazioni ultra realistiche.
Gli ambienti di gioco sono semplici e stilizzati, ciononostante risultano sempre di grande atmosfera.
E poi le musiche. Ecco, le musiche di To the Moon sono eccezionali, tanto che dopo aver terminato il gioco viene subito voglia di sganciare qualche altro euro per comprarsi la OST.
E' la combinazione di storia, stile visivo e colonna sonora a rendere questo gioco un'esperienza indimenticabile, capace di restituire almeno un paio di momenti di commozione pura, in cui vi ritroverete a frignare come quando avete visto Charlie scrivere il suo Greatest Hits, come quando avete visto Darth Vader chiedere a Luke di togliergli la maschera, come quando avete visto il Tenente Dan ringraziare Forrest Gump per avergli salvato la vita, come quando avete visto il carro armato alleato entrare nel campo di concentramento, come quando avete visto i giocattoli di Andy che si prendono per mano, come quando avete visto... Okay, basta.

Insomma, bellissimo.
L'ennesima prova che, se oggi come oggi si cerca "l'ammore" nel mondo dei videogiochi, il mercato indie è quello capace di offrire più perle.

To the Moon è disponibile su Steam al modico prezzo di 7,99 €.
Pagando quattro euro in più potrete scaricare anche la colonna sonora.
Il gioco è interamente in italiano, il che è sicuramente un plus per chi mastica poco l'inglese, ma c'è da dire che la traduzione presenta qualche strafalcione di troppo.

lunedì 10 settembre 2012

Ribelle - The Brave

Dopo il mezzo passo falso di Cars 2, Pixar ci riprova con Brave e il risultato, fortunatamente, è ben più che dignitoso.
Pur essendo qualitativamente ancora abbastanza lontano dalle vette di eccellenza toccate da Up e Toy Story 3, Brave è un film d'animazione di ottima fattura.

Analizzando il lungometraggio da un punto di vista prettamente tecnico ci sono da fare ben poche critiche: è semplicemente bellissimo!
Come spesso accade nelle produzioni Pixar migliori, ciò che stupisce è la maniacale cura per i dettagli.
La folta chioma rossa della protagonista Merida, con tutti quei riccioli indomabili, è qualcosa che lascia ipnotizzati.
I paesaggi delle Highlands scozzesi che fanno da sfondo alla vicenda sono tratteggiati in maniera eccelsa, con un uso dei colori semplicemente sublime.
Arte in movimento.

La storia di Brave è piuttosto simpatica e, pur non sfiorando minimamente i livelli di coinvolgimento emotivo di quella di un Toy Story 3, riesce ad appassionare quanto basta. Personalmente, poi, l'ho trovata abbastanza diversa da quanto mi aspettavo. In questo senso il titolo italiano della pellicola è fuorviante, dato che Brave è incentrato sul tema della "ribellione" unicamente nelle premesse.
La vicenda di Merida prende quasi da subito una piega inaspettata e il film va a toccare delle tematiche ben differenti da quella (abbastanza abusata a dire il vero) della solita adolescente che si ribella alle costrizioni della società e fugge dal suo destino già scritto.

Brave è dunque un film capace di spiazzare lo spettatore, un film che per di più è impreziosito da alcune gag riuscitissime e da personaggi ottimamente caratterizzati (ad eccezione del cattivo di turno, che ho trovato piuttosto abbozzato).
Ciò che manca è forse il momento di grande cinema, quella sequenza paragonabile al primo quarto d'ora di Up, tanto per intenderci.
Ad ogni modo si può affermare in tutta tranquillità che Pixar non ha perso così tanto smalto come si poteva pensare guardando Cars 2.
O almeno così sembra, vedremo come se la caverà con i prossimi film.

NON ho visto Brave in 3D e credo di aver fatto bene, dato che gli odiosi occhialini avrebbero completamente compromesso la maestosa resa visiva della pellicola.
In compenso di fianco a me c'era un tizio che ha passato una buona parte del primo tempo a mandare sms, accecandomi con lo schermo del suo cellulare. Il bello è che quando gli ho chiesto gentilmente di spegnerlo mi ha pure chiesto il perchè con tono scazzato.
E niente, con le buone maniere non ci sono riuscito, per farlo smettere gli ho dovuto dire chiaro e tondo che aveva rotto i coglioni.
Specifico poi che non si trattava nemmeno di un ragazzino, ma di un adulto sulla quarantina con figli al seguito.
Sempre intelligente e rispettosa degli altri la gente che si incontra nei multisala, non c'è che dire.