domenica 9 ottobre 2016

Fuocoammare

Il modo migliore per raccontare Lampedusa è limitarsi a mostrarla. Lasciar parlare le immagini, i dettagli e le vite delle persone che la abitano o che cercano disperatamente di raggiungerla.
Fuocoammare fa esattamente questo: descrive la realtà di un'isola di pescatori che, per via della sua posizione geografica, rappresenta l'ingresso in Europa per migliaia di migranti in fuga dal continente africano. Costretti ad affrontare il mare ammassati a bordo di imbarcazioni fatiscenti, uomini, donne e bambini mettono in gioco la vita che hanno per cercare la possibilità di viverne una migliore, lontana da guerra, fame e violenza.

È questa la realtà che l'isola di Lampedusa si trova davanti ogni giorno. Fuocoammare ce la racconta in maniera molto delicata, alternando il gioco di un ragazzino alla testimonianza di un medico che ci spiega cosa significa prestare le prime cure a chi, in condizioni disumane, attraversa il canale di Sicilia. La quotidianità di un piccolo paesino si miscela all'urgenza del soccorso ai migranti. Scene di pesca si avvicendano alla rianimazione di giovani ustionati e disidratati. Una nonna racconta al nipote di come, durante il secondo conflitto mondiale, i razzi di segnalazione lanciati dalla navi da guerra sembrassero incendiare il mare, mentre un profugo, in un centro d'accoglienza, improvvisa un canto che narra il suo difficile viaggio.

Fuocoammare è un film attualissimo, che parla di un mondo spesso conosciuto solo in modo superficiale; un mondo che invece dovremmo ricordarci ogni volta in cui, guardando la TV o leggendo i giornali, ci imbattiamo nel termine "immigrazione".
Perché, prima che di migranti, si parla sempre di persone come noi, solo nate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Persone che, in cerca di una vita serena, "sono partite come uno sputo contro una bufera", per usare le parole di un noto cantautore.