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martedì 24 gennaio 2017

Your Name.

Forte di un successo commerciale a dir poco clamoroso e di un plauso unanime da parte della critica, Your Name dimostra che sarebbe un grave errore credere che l'animazione giapponese significhi solo Studio Ghibli.
Il film di Makoto Shinkai narra la storia di due adolescenti che conducono vite estremamente diverse. Taki è un ragazzo di Tokyo che frequenta il liceo e lavora come cameriere. Mitsuha è invece una ragazza di campagna che abita in un villaggio sulla riva di un lago; orfana di madre e con un padre severo, le sue giornate sono scandite dalle tradizioni folcloristiche che la nonna cerca di trasmetterle.
Taki e Mitsuha non si conoscono ma, durante il passaggio di una cometa accanto alla Terra, tra loro scatta un bizzarro legame: come in un sogno, i due si ritrovano con i corpi scambiati, catapultati in una vita di cui non sanno nulla. Dapprima spaesati, capiscono presto di doversi abituare a questa situazione che si presenta a giorni alterni. Si lasciano messaggi e istruzioni su come comportarsi, cercano di aiutarsi nei loro problemi personali e, mano a mano che il tempo passa, iniziano a provare qualcosa l'uno per l'altra.

Immaginate l'ironia di Ranma ½ che incontra la poetica di Murakami in un anime visivamente fuori scala. Avrete un'idea di cosa aspettarvi dalla visione di Your Name.
Makoto Shinkai ha realizzato un film bellissimo, che si merita tutti gli applausi ricevuti nel corso di questi ultimi mesi; una storia d'amore toccante, che si dispiega con una freschezza che non può fare a meno di lasciarti stampato in faccia un sorriso ebete.
Your Name parte come una commedia romantica, con il trasferimento di personalità che causa continui equivoci e situazioni sceme, fornendo l'attacco a montaggi serrati in cui le vite dei protagonisti si mescolano vorticosamente al ritmo di musica J-rock (strepitosa la colonna sonora dei Radwimps).
Taki e Mitsuha giungono a conoscersi intimamente senza mai incontrarsi in modo diretto, mentre una strana forma di affetto reciproco fa scivolare via l'imbarazzo e la diffidenza.

Non è così semplice, però.
Proprio quando si ha la sensazione di aver capito dove il film voglia andare a parare, ecco arrivare il colpo di scena che mescola le carte in tavola e rende un epilogo positivo meno scontato.
Your Name non diventa improvvisamente una tragedia cupa, perdendo in toto quell'adorabile tono scanzonato della parte iniziale, ma è innegabile che, una volta svelato il plot-twist legato allo scambio di corpo tra i due adolescenti, la vicenda assuma connotati più drammatici.
Allo stesso tempo, tuttavia, il film di Shinkai guadagna "punti torreggianza" in profondità e in trasporto emotivo, sia per quanto riguarda il rapporto tra Mitsuha e Taki, innamorati apparentemente destinati ad una separazione struggente, sia per quanto concerne la complessità delle trovate narrative, che diventano sempre più surreali.

Your Name va ad aggiungersi alla lunga lista dei capolavori dell'animazione giapponese.
Un film tecnicamente sbalorditivo che, stando in equilibrio tra spensieratezza e malinconia, si porta dietro un messaggio toccante.
Uno spettacolo, sia per gli occhi che per il cuore.

lunedì 4 aprile 2011

Porco Rosso

Capolavoro indiscusso dell'animazione giapponese, Porco Rosso è un'ulteriore prova della maestria e della genialità di Hayao Miyazaki, un regista che ogni volta riesce a farti innamorare con dei film poetici e magnifici.
Ambientato nel Mar Adriatico durante il ventennio fascista, Porco Rosso narra le gesta del pilota di idrovolanti Marco Pagot che, per un motivo misterioso, si ritrova inspiegabilmente trasformato in un maiale antropomorfo.

A sentirsela raccontare in questi termini si potrebbe pensare che la storia di questa pellicola sia piuttosto "fantastica" e infantile, in realtà non è assolutamente così, visto che Porco Rosso non ha praticamente nulla di fantasy o fanciullesco, ma presenta anzi delle tematiche decisamente adulte, anche confrontandole agli standard Miyazakiani.
La storia del protagonista offre infatti svariati spunti di riflessione e le chiavi di lettura di tutta la faccenda (Perchè Pagot è diventato un maiale? Che significato può avere tale metamorfosi?) possono essere molteplici.

Evitando accuratamente di raccontare dettagli che andrebbero a rovinare la visione del film, mi limito a dire che Porco Rosso presenta momenti di autentica commozione e personaggi a cui è impossibile non affezionarsi.
A rendere la visione ancora più piacevole ci pensano dei toni spensierati e mai pesanti. Il film risulta sempre leggero, scorrevole, intriso di una patina di malinconia ma allo stesso tempo allegro e ironico.
Insomma, capolavoro assoluto, di una bellezza che non ci si crede. Un film divertente, profondo ed emozionante che, se mai ce ne fosse ancora bisogno, fa comprendere quanto sia meraviglioso il mondo dell'animazione giapponese.

Note a margine:
- L'Italia è un paese di grande cultura e probabilmente è per questo che un film come Porco Rosso ci ha messo circa diciotto anni per uscire nei cinema. Ma non ho voglia di fare polemica, riporto questo dettaglio unicamente a titolo informativo.
- Il film l'ho visto doppiato in italiano. Come adattamento non mi è sembrato male, certo che immagino che chi si è già visto Porco Rosso in giapponese possa trovare "strano" il fatto che Pagot parli come Vin Diesel.

lunedì 14 marzo 2011

Ganbare Nippon!

Sento il bisogno di scrivere due parole su quello che sta accadendo in questi ultimi giorni in Giappone.
Che insomma, su questo blog al Giappone gli vogliamo bene, non per nulla "mugiwara" è una parola nipponica.

Il Giappone ci piace perchè è un paese che, pur essendo geograficamente lontanissimo da noi, sentiamo vicino.
Lo sentiamo vicino perchè, nel bene e nel male, ha segnato la cultura della nostra generazione.
Se quando ascoltiamo le musiche di Nobuo Uematsu e Koji Kondo ci commuoviamo ogni volta, se ci siamo emozionati guardando un film di Miyazaki, se nel 2005 abbiamo aperto la confezione jappa di Jump Super Stars in modo solenne, se abbiamo pianto vedendo una giovane donna che urla ai propri compagni di voler vivere ancora, allora vuol dire che in ognuno di noi c'è un po' di Giappone.
Un paese remoto, diverso, per certi versi difficilmente comprensibile da babbani gaijin quali noi siamo, ma che in qualche modo ci ha sempre affascinato e attratto in ogni suo aspetto. A volte ci ha strappato un sorriso per le sue stranezze, ma più spesso ci ha lasciato a bocca aperta, regalandoci un genuino stupore.
E direi che a bocca aperta ci ha lasciati anche negli ultimi giorni, anche se purtroppo per motivi ben diversi.

Fa male vedere certe immagini, perchè quello che vediamo distrutto è un paese che ci ha dato tanto.
Fa male perchè, veramente, troppe volte abbiamo visto scenari simili in qualche anime.
Anime che, adesso lo comprendiamo ancora meglio, tentavano di relegare la distruzione alla fantasia, di esorcizzarla, perchè in fondo i giapponesi ce l'hanno sempre avuto ben chiaro in mente cosa fosse questa distruzione, essendo loro, tra le altre cose, l'unico popolo del pianeta ad essersi beccato in faccia due bombe atomiche.

Ciò che rincuora è la consapevolezza che i giappi reagiranno con una forza che ci lascerà di sasso.
Ci vorrà tempo e la cosa lascerà inevitabilmente una cicatrice enorme, ma si rialzeranno in piedi, probabilmente anche più forti e cazzuti di prima.
Ce la faranno perchè sono un popolo che non molla, capace di rialzarsi anche dopo averle prese e a cui soprattutto non piace stare a terra.
Un popolo col cazzo duro.
Forza Giappone!

Mi sono permesso di parlare al plurale per gran parte del post non perchè fossi controllato da un simbionte alieno, ma perchè penso che i miei sentimenti siano condivisi praticamente da tutti i lettori.

martedì 8 marzo 2011

Rebuild of Evangelion

Piccolo avviso: in questo post spoilererò senza ritegno, quindi chi non vuole rovinarsi la visione di questa Rebuild of Evangelion smetta di leggere qui.

Ho visto ambedue gli episodi finora usciti della Rebuild cinematografica di Eva, vale a dire Evangelion 1.0: You Are (Not) Alone ed Evangelion 2.0: You Can (Not) Advance.
Che poi in blu-ray si chiamerebbero 1.11 e 2.22, ma lasciamo perdere i dettagli.
Premetto che saranno almeno cinque anni che non vedo Evangelion, quindi un sacco di cose me le ricordo poco e male, ergo nel caso scrivessi qualche imprecisione abbiate pazienza.

Comunque sia, questi due film mi sono globalmente piaciuti, anche se il secondo mi ha convinto molto più del primo.
Partiamo parlando dell'1.0.
Carino eh, interessante, anche se tecnicamente non colpisce tanto come mi aspettavo. Un sacco di parti sono riprese, con qualche modifica, dall'anime originale e di conseguenza la resa visiva alterna alti e bassi.
Intendiamoci, non mancano un paio di momenti in cui si rimane letteralmente a bocca aperta (vedi tutta la parte dell'angelo Ramiel e relativo cecchinaggio).
Il problema grosso è che, dal punto di vista narrativo, a questo primo film manca un po' di mordente.
L'impressione è che abbiano fatto su un gran casino con la roba che andava tagliata e quella che invece dovevano lasciare e che quindi i rapporti tra i personaggi ne abbiano risentito, così come la profondità psicologica degli stessi.
Insomma, You Are (Not) Alone non riesce a coinvolgere come dovrebbe fare, anche se, visto in blu-ray, ha comunque un suo perchè.

Discorso diverso, diversissimo, per You Can (Not) Advance, che è una figata totale.
Visivamente qui non ci sono appunti da fare, perchè questo secondo film è una delle cose più arrapanti che io abbia mai visto in blu-ray.
Gli scontri con gli angeli sono semplicemente da mascella slogata, viene fatto un ottimo uso della computer grafica e i disegni sono sempre curatissimi.
Una goduria vera e propria insomma, anche perchè le scene d'azione di Eva viste in questo modo fanno la loro porchissima figura.
Magari ci sono un po' di tamarrate, ma vabbè, ci si passa sopra più che volentieri.

You Can (Not) Advance si rivela estremamente interessante anche per quanto riguarda la storia.
A differenza di You Are (Not) Alone, qui le modifiche sono state apportate in maniera più oculata e non danno alcun fastidio. Stavolta questa operazione di "snellimento" ha portato più benefici che danni.
I rapporti tra i personaggi funzionano alla grande e non si ha quasi mai l'impressione che le cose vengano affrontate in maniera frettolosa o superficiale.
Alcune sotto-trame sono state tagliate in toto. Asuka ad esempio non è più presa bene nei confronti di Kaji, anzi, tra i due non c'è praticamente alcun rapporto.
Bello come è stato gestito tutto il discorso del triangolo Shinji-Rei-Gendo.

Ma You Can (Not) Advance è una visione imprescindibile anche per il modo in cui stravolge le carte in tavola, per come cambia le cose rispetto alla serie originale, in certi casi anche abbastanza drasticamente.
In primis introduce un nuovo personaggio, Mari Makinami, che a onor del vero per il momento non convince tantissimo, ma sospendo il giudizio perchè sono curioso di vedere come verrà sviluppata in seguito.
In secondo luogo, un po' come faceva il manga, il film modifica alcune parti della storia, rendendole in certi casi addirittura più belle e profonde.
Una scena che mi è piaciuta un sacco, ad esempio, è quella in cui Asuka si infila nel letto di Shinji: nella serie originale i due non si dicevano niente, qui invece si parlano e il dialogo che ne segue, pur nella sua brevità, contribuisce a dare ulteriore spessore ai personaggi.
Poi sì, sicuramente aveva un suo perchè anche la scena di prima, con Shinji che tentava di limonarsi Asuka ma all'ultimo momento veniva interrotto da lei che sussurrava "mamma" nel sonno, tuttavia, nel complesso, il modo in cui la cosa è stata rielaborata è apprezzabile.

You Can (Not) Advance non si limita a modificare piccolezze, ma arriva addirittura a cambiare totalmente elementi importantissimi per l'economia della trama.
Per fare un esempio qui non è Toji a salire a bordo dell'Eva 03, ma Asuka stessa, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare.
Anche se in questo caso in effetti Anno e soci potevano tirar fuori un po' di coraggio in più, visto che, se avessero voluto fare la genialata totale, avrebbero fatto uccidere Asuka dallo 01 di Shinji controllato dal Dummy System.
E per un attimo ci ho pure creduto che le cose andassero così, visto che in effetti Toji nel manga schiattava (nell'anime, se ricordo bene, perdeva una gamba o entrambe).
E invece no, Asuka alla fine rimane solo ferita gravemente.

In buona sostanza You Can (Not) Advance fa ben sperare per la prosecuzione di questa rebuild, che deve ancora mostrarci altri due episodi. Episodi che, in teoria, dovrebbero portarci a una conclusione totalmente inedita.
Resta da vedere come verranno gestite alcune cose, ma di carne al fuoco ce n'è senza dubbio parecchia.
Poi va bè, è Evangelion, quindi come al solito restano alcuni punti oscuri che si spera verranno chiariti. Del ruolo di Mari ne ho già parlato, ma ci butterei dentro anche tutta la parte di Kaworu sulla luna, che per il momento è abbastanza criptica.
Inoltre in questi due film ci sono parecchi indizi che farebbero pensare che questa tetralogia non sia semplicemente un remake cinematografico, ma possa essere una vera e propria continuazione di The End of Evangelion. Maggiori dettagli qui, visto che a quanto pare non sono stato l'unico a farmi 'sta pippa mentale.

Note a margine:
- Guardarsi Evangelion senza Zankoku na Tenshi no These è un po' come guardarsi un film di Star Wars senza opening crawl.
- You Can (Not) Advance è così pieno di fan-service che in confronto Marvel VS Capcom 3 è roba da dilettanti.
A volte è sopportabile, ma devo dire di aver trovato leggermente fastidioso il fatto che Asuka se ne andasse in giro perennemente mezza nuda e venisse inquadrata in posizioni che definire maliziose è poco.
Che è una roba che accadeva anche nella vecchia serie, ma in misura enormemente minore.
E insomma, se 'sto fan-service per otaku arrapati me lo fai una volta va bene, due anche, ma se me lo tiri avanti per tutta la durata del film diventa stucchevole.
Ma vabbè, alla fine stiam parlando di un lungometraggio d'animazione nipponico e ormai lo sappiamo tutti come stanno i giapponesi su 'ste cose.
Nel senso, a Bayonetta ci abbiamo giocato tutti, no?

sabato 16 gennaio 2010

Animatrix

Cos'è Animatrix?
Animatrix è probabilmente la cosa migliore che la saga di Matrix abbia partorito.
Non che i due seguiti del primo Matrix siano poi così da buttare come si dice in giro, eh!
Al contrario di quel che dicono più o meno tutti quanti, trovo che Reloaded sia un ottimo seguito che propone tra le altre cose parecchie riflessioni tutt'altro che banali.
Revolutions era già un film forse meno interessante, ma c'è da dire che pure lui aveva i suoi bei momenti e come blockbusterone ci stava dentrissimo.
Ad ogni modo, pochi cazzi.
Il primo episodio della trilogia resta comunque su un altro piano, c'è poco da fare.
All'epoca ebbe un impatto a dir poco scioccante, facendo capire fin da subito che ci si trovava davanti ad uno dei film di fantascienza più belli di sempre.

Animatrix tuttavia non è un film, bensì una raccolta di cortometraggi animati ispirati all'universo di Matrix e diretti da alcuni notevolissimi nomi dell'animazione giapponese.
La cosa meravigliosa è che ognuno di questi cortometraggi è disegnato con uno stile tutto suo.
Si và dalla computer grafica de L'Ultimo Volo di Osiris allo stile graffiante di Kid's Story, fino ad arrivare al lisergico Matriculated.

Ognuno di questi corti racconta una breve storia inerente al mondo creato dai Fratelli Wachowski.
Ogni cortometraggio è slegato dall'altro, spesso anche per tipo di narrazione oltre che di scelte stilistiche.
La trama di alcuni è direttamente collegata a quella dei film.
L'Ultimo Volo di Osiris funge praticamente da prologo agli eventi di Reloaded ed è a mio avviso il corto meno interessante della raccolta.
Kid's Story d'altro canto introduce un personaggio che poi diventerà importantissimo sia in Reloaded che in Revolutions.
Spesso invece si parla di roba che con gli eventi raccontati nei film non ha nulla a che fare.
Pigliamo Beyond, che parla dei bug della matrice, o Detective Story, praticamente un racconto noir.
Poi c'è Il Secondo Rinascimento, un vero e proprio mockumentary che narra di come le macchine presero il controllo del pianeta sottomettendo l'umanità.
Si tratta di un assoluto gioiello, sia per impatto visivo che per il numero di citazioni storiche che contiene.
Il jappo che si è occupato di questo corto è d'altronde Mahiro Maeda, collaboratore di Miyazaki e regista della storia di O-Ren Ishii in Kill Bill vol.1.

Insomma, consiglio vivamente la visione di Animatrix a tutti gli appassionati della trilogia cinematografica, ma anche e soprattutto a tutti quelli che ritengono che dopo il primo Matrix questa saga abbia saputo sfornare solo cacca. Potrebbero ricredersi.

venerdì 1 giugno 2007

Conan il Ragazzo del Futuro

Titolo originale: Mirai Shonen Conan
Regia: Hayao Miyazaki
Studio: Nippon Animation
Anno: 1978
Episodi: 26
Genere: Fantascienza

Miyazaki è un genio.
Basta.
Il guru dell'animazione giapponese, che recentemente è diventato piuttosto famoso anche in occidente grazie a La Città Incantata e al Castello Errante di Howl, è infatti il diretto responsabile di quella che è, forse, una delle serie animate migliori che io abbia mai visto.

In Conan c'è tutto. Una storia d'amicizia che scalda il cuore, una morale di fondo, tanta avventura e tanta ironia. In 26 episodi Miyazaki concentra quella che è l'essenza del cartone animato giapponese. Un'essenza che non è composta solo da combattimenti violenti, robottoni che se le danno di santa ragione e raggi di energia cosmica, ma anche da qualcosa di più semplice, qualcosa di dannatamente semplice che però solo i grandi registi e sceneggiatori sanno raccontare.

E' così che assistiamo alla storia di Conan e di Lana. Due bambini che, in un futuro non troppo lontano, rappresentano la speranza di un'umanità decimata da una guerra. Un'umanità che però sembra non riuscire del tutto a imparare dagli errori del passato e che rischia di darsi il definitivo colpo di grazia.
Ma Conan e i suoi amici riusciranno, con la loro purezza e la loro voglia di vivere, a cambiare la sorte del mondo.
Riusciranno a far capire alla gente che con la violenza, la guerra e l'odio non si va da nessuna parte e che l'unico modo per costruire un mondo migliore è collaborare insieme rispettando gli altri e la natura.

Volendo ben guardare Conan rispetta i clichè tipici degli anime: un protagonista ingenuo con una forza smisurata, la ragazzina da salvare, l'amico imbecille, l'amico ancora più imbecille, la nemica che a un certo punto si ravvede, il cattivo bastardo privo di qualunque inibizione morale che farà la fine che si merita... Tutto già visto ok. Anche i temi affrontati potrebbero sembrare un po' troppo zuccherosi e già visti. Qualcuno potrebbe insomma obiettare che, nel 2007, la visione di un anime come Conan può risultare pallosa, già vista.
Niente di più sbagliato.
Qui ci troviamo di fronte, come ho già detto, all'essenza del cartone animato giapponese. Miyazaki ha curato con amore lo sviluppo della trama e la caratterizzazione dei personaggi. Li ha resi vivi, indimenticabili. E i rapporti di amicizia o rivalità che li legano sono senza dubbio interessantissimi e tutt'altro che infantili. Lasciando un attimo da parte il rapporto tra Conan e Lana, che per quanto bello e commovente è forse il più scontato, colpisce molto il modo in cui Monsley è combattuta su quale sia la cosa giusta da fare. Tutto molto bello quindi. Non solo i due protagonisti sono interessanti, ma anche tutti gli altri sono tratteggiati splendidamente.

Senza dimenticare le ambientazioni, scenograficamente da urlo per i tempi: si va dal tocco di classe dell'Isola Perduta, con il missile schiantato sulla cima della montagna, fino ai claustrofobici cunicoli della torre di Indastria. Per non parlare della maestosità dell'Aereo Gigante di Lepka che per certi versi mi ha ricordato il Castello semovente di Howl. Non ho potuto infatti fare a meno di immaginare come sarebbe stato se fosse stato disegnato con la stessa (moderna) cura con cui è stato dipinto il castello. Da sbavo.

Vedere Conan era un piacere nel 1978 come lo è oggi. Come il buon vino più invecchia più le sue qualità vengono a galla.
Non si può fare a meno di affezionarsi a certe a certi personaggi. E non si può fare a meno di ringraziare Miyazaki-san per averci regalato una perla del genere.
E grazie anche a Carcanella và, che mi ha fatto scoprire questo anime.