mercoledì 26 febbraio 2014

La rigenerazione del Decimo Dottore


Attenzione: questo racconto basato su Doctor Who contiene un piccolissimo spoiler su una cosa che, nella serie televisiva, viene rivelata solo alla fine della settima stagione. Regolatevi!

Il motore del TARDIS iniziò a gemere e l’astronave entrò nel vortice temporale. Fluttuò nello spazio-tempo e volò oltre l’atmosfera del pianeta Terra, roteando dolcemente su se stessa. Il Dottore la stabilizzò in orbita geostazionaria e si allontanò lentamente dalla console di comando. I suoi passi e i suoi movimenti erano incerti, lo sguardo impaurito.
Era la sua decima rigenerazione. La dodicesima, contando quella abortita che aveva portato alla metacrisi e… quell’altra. Quella che non voleva ricordare. Ormai avrebbe dovuto esserci abituato, ma in verità non lo era affatto.
Ogni volta era come saltare nel vuoto. Ogni singola volta era difficile e doloroso.
Perché non si trattava solo di cambiare volto e aspetto. Rigenerandosi si diventava un altro uomo. Si mantenevano i ricordi, certo, ma, di fatto, ci si trasformava in una persona totalmente nuova.
Nuova faccia, nuovo corpo, nuova età… a volte persino nuovo sesso, anche se era una cosa abbastanza rara!
E il cambiamento non era solo fisico.
Era anche psicologico.
Un Gallifreyano poteva assumere un temperamento totalmente diverso in ogni sua incarnazione. Ovviamente alcuni tratti del carattere erano immutabili come i punti fissi nel tempo, ma qualche variazione c’era sempre.
In questo senso, forse, per lui una rigenerazione era necessaria.
Il Decimo Dottore era ormai un uomo segnato da cicatrici profonde, forse addirittura sull’orlo della follia. Ciò che aveva tentato di fare su Marte ne era la prova.
Si sentiva sperduto. E non riusciva più a trovare il coraggio di viaggiare con qualcuno.
Aveva abbandonato Rose e ciò che era successo a Donna lo avrebbe tormentato per il resto della sua vita.
Doveva cambiare per ricominciare da zero. Era inevitabile. Come gli Ood avevano predetto, la sua canzone era ormai giunta al termine.
Ma tuttavia, per quanto potesse essere consapevole di tutto ciò, il Dottore aveva ugualmente paura. Il Decimo era stato una parte di sé che non avrebbe mai dimenticato, non voleva separarsene.
Camminò sul ponte di comando.
Il suo sguardo fisso nel vuoto, mille pensieri che gli vorticavano in testa: gli Ood, Donna, i Dalek, il Maestro, la biblioteca, River… Rose. Soprattutto Rose.
Alzò gli occhi arrossati dalle lacrime verso un punto indefinito, le labbra che gli tremavano, il respiro affannoso. Sentì un formicolio che invadeva ogni parte del suo corpo. Stava cominciando.
«Non voglio andare…» sussurrò, mentre una luce iniziava a sprigionarsi dalla sua pelle.
Ed eccola.
La rigenerazione.

Il bagliore aumentò sempre di più. Il Dottore sollevò le proprie mani, avvolte in un alone luminoso. Le osservò. Per l’ultima volta.
Spalancò le braccia e guardò verso l’alto.
Poi un’esplosione!
Un fuoco dorato divampò dalle estremità dei suoi arti e dal suo viso, eruttando in ogni direzione attraverso i suoi vestiti.
L’energia liberata fu talmente potente che sul TARDIS sembrò esserci un terremoto. Il sistema di navigazione andò in tilt e la nave parve sul punto di spaccarsi in due.
Mentre il bagliore rigenerativo continuava ad avvolgere il corpo del Decimo, una delle colonne ornamentali si frantumò e cadde rovinosamente al suolo. Il motore temporale del TARDIS, sovraccarico, mandò in corto la console di comando. Piccoli incendi avvamparono ovunque e la nave iniziò ad emettere un rombo inquietante, simile a un lamento.
Intanto la rigenerazione stava per concludersi.
Il Decimo guardava ancora verso l’alto. Attraverso il bagliore di calda energia che zampillava intorno alla sua testa, si riusciva ancora a intravedere il suo viso. Gli occhi aperti, la bocca socchiusa in una specie di ghigno.
Poi, di colpo, i suoi lineamenti cambiarono in quelli dell’Undicesimo!
La sua espressione tesa mutò all’improvviso. Ora aveva gli occhi serrati e la bocca spalancata in un urlo. Il bagliore luminoso cessò e il Dottore smise istantaneamente di urlare. Perché si era accorto di avere una voce del tutto nuova.

Per un attimo sgranò gli occhi, confuso e smarrito, mentre il TARDIS continuava a cadere a pezzi intorno a lui.
Guardò in basso.
«Gambe!» esclamò «Ho ancora le gambe! Bene!». Sollevò la gamba sinistra e baciò il proprio ginocchio, sinceramente sollevato di poter camminare anche in questa sua nuova forma.
Continuò a tastarsi in ogni dove, per controllare che fosse tutto a posto.
«Braccia… mani…»
Si fissò le mani e iniziò a muovere le lunghe dita in maniera scomposta, gesticolando come un matto.
«Oh-oh, dita! Un sacco di dita!» disse eccitato, anche se in effetti non ne aveva né più né meno di dieci.
Passò al viso, toccandosi per prima cosa le orecchie, temendo che potessero essere come quelle del Nono. Fortunatamente erano passabili.
«Le orecchie ci sono…» disse. «Occhi: due. Il naso…»
Si portò una mano sul naso, cercando di capire che forma avesse e di misurarne in qualche modo la lunghezza. «Ne ho avuti di peggiori!» concluse.
Discorso diverso per il mento, che al tatto lo lasciò alquanto perplesso.
«Oh, per pietà!» si lamentò.
«Capelli!» disse ancora. E se fosse stato calvo? Magari con un orribile riporto? Non voleva nemmeno pensarci.
Artigliò la propria testa con entrambe le mani. No. Non era calvo. Si passò le dita tra la folta chioma, scompigliandola. Aveva i capelli lunghi. In effetti parecchio lunghi. Così lunghi che…
Il respiro gli si fermò in gola, mentre veniva assalito da un dubbio agghiacciante.
«SONO UNA DONNA!» urlò con voce stridula. «NO!»
Per mezzo secondo fu in preda al panico, poi ispezionò il collo e trovò il pomo d’Adamo.
«Ah, no… non sono una donna!» disse con aria sollevata. Non che ci fosse nulla di male a cambiare sesso dopo una rigenerazione, ma abituarsi alla cosa poteva essere un po’ stressante. Soprattutto per un Signore del Tempo che, come lui, veniva da svariate forme maschili.
Afferrò una ciocca di capelli e se la portò davanti agli occhi.
«E non ho ancora i capelli rossi!» ringhiò deluso.
Non era mai stato rosso, accidenti!

L'inventario delle parti anatomiche era durato pochi secondi. Al Dottore pareva che fosse tutto nella norma. Un corpo sano, fortunatamente un po’ più in carne rispetto al precedente. Certo, non poteva ancora sapere che faccia avesse, ma per quello c’era tempo. Al momento le priorità erano altre. Per esempio…
Quali? Non lo sapeva. Era appena diventato un’altra persona, non sapeva da dove iniziare. Era tutto come prima, eppure sembrava tutto quanto diverso.
Sapeva che c’era qualcosa di urgente da fare, ma quella cosa, sul momento, gli sfuggiva.
«C’è qualcosa…» disse fra sé spremendosi le meningi «Qualcosa di importante!».
Iniziò a tamburellarsi le tempie con le dita, un’abitudine che in precedenza non aveva mai avuto, ma che ora, per qualche motivo, gli pareva del tutto naturale.
«Io… io sto…»,
Fu interrotto da una potente esplosione, seguita da una scossa che fece tremare il TARDIS. Il Dottore perse l’equilibrio e non ruzzolò a terra solo perché, all’ultimo secondo, riuscì ad aggrapparsi alla console di comando.
Fu allora che realizzò.
Notò gli incendi, la colonna distrutta, i cavi di alimentazione tranciati e i segnali d’allarme che lampeggiavano ovunque.
«IO STO PRECIPITANDO!» esclamò, invaso da un inspiegabile senso di euforia.
Si rimise in piedi, ridendo e ululando, felice come non era più stato da anni. I suoi due cuori traboccavano di gioia, ogni traccia di sconforto era un ricordo lontano.
Il Dottore si sentiva di nuovo vivo.
Si sentiva giovane, anche se non lo era più da molto tempo.
Voleva partire subito all’avventura, poco importava che in quel momento rischiasse di schiantarsi. Anzi, tutto sommato era una bella notizia. Appena venuto al mondo e subito alle prese con qualcosa di eccitante e pericoloso! Questo era proprio degno del Dottore, no?
Sputò un grumo di saliva rancida sul pavimento (dopo essersi rigenerato aveva sempre la bocca impastata) e iniziò ad armeggiare con i comandi del TARDIS, continuando ad urlare come un ragazzino alle prese con un giocattolo nuovo. Controllò gli scanner e vide che la nave in fiamme stava ricadendo verso la Terra, ma non più nell’anno 2005, c’era stata una dislocazione spazio-temporale imprevista.
Nuovi scossoni e nuove esplosioni.
L’Undicesimo non si spaventò, iniziò anzi a ridere ancora più di prima, impaziente di ricominciare da capo, di vedere nuovi mondi, incontrare nuove persone e vivere nuove avventure. La sua vita, che negli ultimi giorni del Decimo gli era sembrata così grigia e senza senso, ora gli appariva di nuovo incommensurabilmente esaltante e piena di opportunità!
Un’altra scossa. La Terra era ormai vicina.
Si aggrappò con tutte le sue forze alla console di comando e sollevò gli occhi, ora lucidi non più per la tristezza, ma per la felicità.
Fece per dire “Allons-y”, come in precedenza avrebbe fatto in una simile situazione, ma dalla bocca gli uscì un’altra parola.
«GERONIMOOO!!!» esclamò, mentre il TARDIS entrava nell’atmosfera terrestre.

Era l’anno 1996 e, in un paesino della campagna scozzese, una bambina di nome Amelia Pond stava fissando una crepa sulla parete della sua camera.
Ma questa è un'altra storia...

Ieri sera non avevo nulla di interessante da fare, così mi sono rimboccato le maniche e ho scritto questa novelization della rigenerazione del Decimo Dottore.
Sì, lo so che è una roba che fa molto fangirl di quindici anni, ma le trasposizioni letterarie mi hanno sempre incuriosito e Doctor Who mi piace un sacco, quindi a scrivere questa cosa per gioco mi sono divertito parecchio.
Questo breve raccontino rielabora i minuti finali della seconda parte dell'episodio speciale intitolato The End of Time. In esso assistiamo al passaggio di consegne tra David Tennant (il Decimo Dottore) e Matt Smith (l'Undicesimo).
La scena da me riadattata in forma scritta, nello specifico, è
questa qui.
Spero che l'esperimento vi sia piaciuto!