martedì 3 luglio 2012

Gravity Rush

Ho sempre avuto un debole per i giochi capaci di restituire un buon senso di vertigine.
Amo ad esempio i sandbox che si sviluppano in verticale.
La scalata della Torre dell'Agenzia di Crackdown rimarrà per sempre uno dei momenti più alti della mia carriera videoludica e mi sono divertito come un matto ad esplorare la Panau di Just Cause 2 con paracadute e rampino.
Recentemente mi sono goduto un casino pure le planate di Prototype 2.
Insomma, in definitiva impazzisco per i titoli in cui si vola, si arriva in cima ai grattacieli con un salto e si può cadere da altezze impressionanti senza farsi un cazzo.

Questa sensazione di vertigine, in Gravity Rush, è onnipresente.
L'intero gameplay del titolo Sony si basa infatti sulla possibilità di alterare la forza di gravità a proprio piacimento.
La protagonista Kat può quindi cadere in qualunque direzione o angolazione possibile: in su, in giù, a destra, a sinistra o di sbieco.
Gravity Rush riprende l'idea alla base di VVVVV e la applica alle tre dimensioni, spettacolarizzandola e creando un gioco che mira a spanare la percezione spaziale del giocatore, disorientandolo e rendendolo incapace di distinguere l'alto dal basso.
Uno dei rari momenti in cui Kat tiene i piedi per terra.
La caratteristica più appariscente di questo titolo, in ogni caso, è la sua meravigliosa direzione artistica.
A metà tra un fumetto francese e un anime, Gravity Rush è ad oggi la cosa stilisticamente più impressionante che si sia vista sullo schermo di PlayStation Vita. La sensazione è veramente quella di essere all'interno di un film d'animazione giapponese.
Il cel-shading rulla sempre, c'è poco da fare.

Il gioco si svolge nella città di Hekseville, una metropoli dalle tinte steampunk costantemente minacciata da tempeste gravitazionali e da mostri chiamati Nevi.
All'inizio dell'avventura Kat si risveglierà qui priva di ricordi, insieme a uno strano gatto che le conferirà tutti i suoi poteri.
Kat inizierà dunque ad aiutare gli abitanti di Hekseville improvvisandosi una sorta di supereroina, cercando al tempo stesso di salvare la città e di far luce sul suo passato.
Le sequenze di intermezzo sono narrate tramite dei fumetti che cambiano inclinazione a seconda di come spostiamo la console. L'effetto finale è una specie di finto 3D in stile diorama. Brillante.
Gravity Rush è sostanzialmente un action free-roaming graziato da un comparto estetico di tutto rispetto.
Kat può girare liberamente per Hekseville alla ricerca delle gemme viola che le permettono di potenziare le proprie abilità o può proseguire spedita nelle missioni principali. Ovviamente si segnala la presenza di numerose sfide secondarie che richiedono il completamento di svariati obiettivi.
Come accade spesso in questo genere di giochi, inoltre, mano a mano che si avanza nell'avventura si sbloccano nuovi distretti della città, tutti caratterizzati in maniera diversa anche dal punto di vista dello stile, dell'accompagnamento musicale e dei colori dominanti.
Girovagare è quasi sempre un piacere. Un po' perchè le meccaniche di deambulazione (legate appunto alla modifica della gravità) funzionano e restituiscono davvero bene l'effetto "ommioddio sto precipitando", un po' perchè Hekseville presenta una conformazione architettonica e urbanistica bizzarra e di gran fascino.

Una buona notizia è che le location proposte non si limitano alla città principale.
Non mi inoltro troppo nei dettagli perchè non vorrei che mi scappasse qualche spoiler, ma preparatevi a rimanere a bocca aperta, anche perchè molti scenari propongono soluzioni visive brillanti.
E se Isaac Newton, quel giorno, non si fosse seduto sotto il melo?
Purtroppo non è tutto oro quel che luccica.
Gravity Rush ha infatti alcuni fastidiosissimi difetti che gli impediscono di aspirare al titolo di capolavoro (o di killer application).
Difetti che, ahimè, riguardano i due aspetti più importanti per un videogioco: controlli e gameplay.
Come detto, la possibilità di modificare la gravità per spostarsi è abbastanza una figata.
Finchè si tratta di andare in giro funziona tutto benissimo, i problemi arrivano quando è il momento di combattere.
Sfortunatamente, quando c'è la necessità di menare le mani (cosa che si fa per la maggior parte del gioco), i controlli di Gravity Rush si rivelano macchinosi, imprecisi e poco reattivi.
Ciò incide in maniera assai negativa sul gameplay.
Alcuni scontri possono infatti essere davvero frustranti e la cosa grave è che spesso non sembrano impegnativi a causa dell'effettiva difficoltà, quanto perchè il sistema di controllo non è all'altezza della situazione.

Kat sembra sempre troppo lenta e a volte riuscire a colpire un nemico in movimento con il "Calcio Gravitazionale" (l'attacco che nel gioco ci si ritrova a usare più spesso) richiede svariati tentativi.
Tale Calcio Gravitazionale consiste in una sorta di "tackle scivolato" che, idealmente, deve essere sferrato mentre si precipita verso il Nevi di turno.
Il guaio è che manca la possibilità di lockare il nemico contro cui si sta combattendo. Di conseguenza, dato che la nostra traiettoria non può essere modificata mentre stiamo cadendo (salvo fermandoci a mezz'aria e ripetendo la manovra offensiva da zero), l'attacco finisce per andare spesso a vuoto, soprattutto quando il nostro nemico continua a muoversi da una parte all'altra.
In parte è probabile che questo sistema di controllo impacciato sia in qualche modo "voluto", per carità.
Kat del resto può soltanto modificare la direzione in cui cade, in un certo senso è normale e realistico non avere il totale controllo del proprio corpo mentre si precipita nel vuoto.
Però davvero, sarebbe bastato qualche piccolo accorgimento per rendere gli scontri un filino meno odiosi e rugginosi.
Kat con un'espressione scazzatissima.
Ad ogni modo, Gravity Rush è un titolo da provare.
Artisticamente è validissimo e, una volta che si è scesi a patti con il sistema di controllo, è un gioco che può offrire grosse soddisfazioni. La durata della storia principale è abbastanza consistente e alcuni momenti di gioco sono sicuramente degni di essere gustati.
Resta un po' di rimpianto, perchè indubbiamente il titolo Sony poteva puntare molto più in alto di così.
Ma alla fine ci si può anche accontentare, via.

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