martedì 24 maggio 2011

L.A. Noire: le impressioni iniziali sono promettenti. E di brutto anche.

Ho finalmente iniziato il nuovo titolo Rockstar.
Un gioco che, per chi non lo sapesse, si propone di far vivere al giocatore un’esperienza videoludica che si distacchi radicalmente dal semplice pattern “vai in giro, spara ai cattivi, completa la missione”.
L.A. Noire è infatti un gioco cinematografico che in un certo senso ricorda maggiormente roba tipo Heavy Rain piuttosto che un canonico free roaming made in Rockstar.
Diciamo che ci troviamo di fronte a una specie di riuscitissimo ibrido tra il discusso gioco di David Cage, GTA IV e un’avventura punta e clicca.

In L.A. Noire interpreteremo Cole Phelps, un poliziotto che dovrà far carriera nella Los Angeles degli anni 40.
Inizialmente saremo semplicemente dei banali piedipiatti di pattuglia, ma dopo poco tempo le nostre capacità verranno notate e saremo promossi, diventando dei veri e propri detective dell’ LAPD.
Saremo così chiamati a risolvere casi su casi e per farlo dovremo fare esattamente quello che farebbe un detective di un film noir: dovremo setacciare le scene del crimine, raccogliere prove e indizi, interrogare i testimoni (stando attenti che non raccontino palle) e scovare i colpevoli tra i principali sospettati.
Ogni tanto ci scapperà una sparatoria, una scazzottata o un inseguimento, ma si tratta di roba marginale, perché il vero cuore del gioco risiede nella parte investigativa.

Insomma, L.A. Noire è un titolo abbastanza atipico per i tempi che corrono e, dopo un paio d’ore di gioco, la mia impressione è che sia un’enorme figata.
E’ vero, amo i videogiochi e il puro gameplay (non per altro venero Super Meat Boy), ma adoro anche il cinema e proprio per questo L.A. Noire non può fare a meno di eccitarmi.
Calarsi nei panni di un detective e risolvere casi è, in una parola, appagante.
Le fasi di interrogatorio sono poi a dir poco esaltanti. Capire se un personaggio mente o dice il vero semplicemente cercando di decifrare le sue espressioni è qualcosa che, credo, in un videogioco non si era mai vista prima d’ora.
Tizio si guarda intorno nervoso ed evita di incrociare il nostro sguardo? Okkei, racconta palle.
Caio ci fissa nelle palle degli occhi con espressione ansiosa e ci parla con voce rotta e affannata? Mmmh, forse alla fine ci sta dicendo la verità.
Il coinvolgimento emotivo è ai massimi livelli, davvero.
E una volta che si scova il bandolo della matassa, tirando fuori una prova schiacciante e inchiodando lo stronzo che aveva provato a intortarci con una storiella da quattro soldi, la soddisfazione è tanta.
Veramente tanta.

A questo aggiungiamo i soliti pregi storici dei titoli Rockstar.
Grande atmosfera, dialoghi scritti benissimo, ottima recitazione.
E’ vero, ci ho giocato poco e magari al cinquantaquattresimo caso il gameplay di L.A. Noire avrà iniziato a rompermi le palle, ma a caldo dico che ci troviamo di fronte a uno dei candidati per il titolo di gioco dell’anno.
Insieme a Portal 2, chiaro.

In foto, un piccolissimo spoiler:
il primo caso “serio” che ho risolto come detective dell’LAPD. Al contrario di quanto si potrebbe pensare non c’è stato alcun morto ammazzato. Il colpevole aveva organizzato il suo finto omicidio con l'aiuto di un complice, per poter lasciare la propria moglie senza troppi casini e scappare a Seattle dalla sua amante.
Il sangue che vedete è quello di un maiale sgozzato per l’occasione, nel vano tentativo di rendere l’inganno più credibile.

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