Sarò
sincero: ad Independence Day ho sempre voluto bene. Era una scemata in cui il
presidente degli Stati Uniti, dopo un discorso da pelle d'oca, saliva su un
caccia e andava a buttar giù
un disco volante in compagnia di un ubriacone dal cuore d'oro, ma era anche un film di
fantascienza divertentissimo, che usciva al cinema nel momento giusto (il mondo
era ancora in fissa per X-Files), mostrava almeno un paio di scene di grande
impatto visivo e raccontava una storia corale carica di tensione.
Independence Day era stupido, ma nella sua stupidità funzionava egregiamente.
L'idea di realizzare un sequel ambientato vent'anni dopo
quel fatidico 4 luglio 1996 poteva essere interessante. Personalmente adoro gli
scenari storici alternativi, quindi la prospettiva di un mondo post-invasione
aliena tutto tecnologia ibrida mi stuzzicava non poco. Il problema è
che stiamo pur sempre parlando di un film di Emmerich, non di un romanzo di
Philip K. Dick.
L'intenzione di tratteggiare questa ucronia in cui la
storia del genere umano ha preso una piega radicalmente diversa da ciò che abbiamo visto negli ultimi
due decenni c'è; peccato
che il tutto sia funzionale ad un film che, sostanzialmente, rimane una
boiata senza alcuna pretesa di serietà.
Tutto appare molto goffo. Di idee carine ce ne
sono, ma poi ecco le auto a benzina in un mondo che padroneggia tecnologie
avanzatissime come fusione fredda, antigravità,
scudi ad energia e armi laser; oppure ecco una società
globale in cui sono sempre e soltanto gli americani quelli che fanno cose, con
un minimo d'aiuto da parte della Cina perché,
insomma, i biglietti dei cinema li devono staccare anche a Pechino.
I problemi di questo nuovo Independence Day, in realtà, non sono nemmeno legati alle
incongruenze tecniche e sociali dello scenario proposto, su cui alla fine si
passa sopra facendosi una pera di sospensione dell'incredulità prima d'entrare in sala.
Il film del 1996, come detto, riusciva ad imbastire una
storia ricca di tensione. Il disorientamento e la paura dei
protagonisti che vedevano gigantesche navi spaziali posarsi sopra le principali
metropoli del mondo erano palpabili. Dall'inizio vi era un crescendo drammatico
senza sosta, che esplodeva nel momento in cui gli alieni attaccavano e
continuava fino a quando il personaggio di Jeff Goldblum non si inventava il
contrattacco del "virus da computer", un'apparente idiozia che però era anche una rilettura in
chiave informatica de La guerra dei mondi di Wells, quindi tanti cuoricini. In
Independence Day, in sostanza, si percepiva l'orrore delle città rase al suolo e il terrore di
un annientamento inevitabile.
In Rigenerazione non si prova nulla di tutto ciò.
Il casino parte praticamente subito ma, pur vedendo sullo
schermo una distruzione di proporzioni apocalittiche, non si è mai emotivamente coinvolti,
nemmeno quando un'astronave madre grossa come un continente ingroppa
letteralmente il nostro pianeta. C'è
una totale mancanza di pathos.
Non esiste
nulla di peggio di un film catastrofico in cui la catastrofe c'è, è enorme e si vede, ma è in completa dissonanza con il
comportamento dei personaggi, che reagiscono quasi come se ciò che vedessero fosse normale
routine. Personaggi che, a proposito, sono moscissimi. I nuovi volti hanno una
caratterizzazione ridotta ai minimi termini che li rende del tutto incapaci di suscitare empatia. Già
meglio i membri del vecchio cast, in particolare Jeff Goldblum e Brent Spiner
che, da soli, riescono a dare un briciolo di dignità a tutta la baracca, ma anche qui, nulla
per cui strapparsi le mutande.
In conclusione, Independence Day - Rigenerazione è una versione più spettacolare e meno
emozionante del suo predecessore, con molte idee sulla carta affascinanti ma
che, alla prova dei fatti, si rivelano sviluppate male. È un peccato, perché
quando il film preme sull'acceleratore e ci delizia con sequenze fracassone e
dogfight a colpi di "merdaccia verde" riesce ad offrire una bella
dose di divertimento senza pretese. E in quei momenti lì è
bello tornare un po' degli undicenni che non sanno neanche cosa sia una
sceneggiatura.
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